La grande novità del Sinodo dei vescovi di quest’anno sono i forum teologico pastorali, aperti a tutti, che intendono dare un maggiore approfondimento alle questioni dibattute non solo durante l’assise sinodale, ma in generale nella Chiesa.
La grande novità del Sinodo dei vescovi di quest’anno sono i forum teologico pastorali, aperti a tutti, che intendono dare un maggiore approfondimento alle questioni dibattute non solo durante l’assise sinodale, ma in generale nella Chiesa.
C’è un tratto della comunicazione di Papa Francesco che si è definito in maniera incontrovertibile sin dall’inizio del pontificato: l’improvvisazione. Papa Francesco non ama i testi scritti, e, quando l’argomento gli sta a cuore, o quando semplicemente si sente di doverlo fare, varia sui testi, aggiunge aneddoti a braccio, rimarca alcune frasi chiave, coinvolge le persone che ascolta.
Il 7 novembre 2023, sono stato invitato a parlare in un panel di discussione del convegno “I 40 anni del Codex Iuris Canonici”. Il convegno è stato organizzato dall’Università di Bologna, e aveva un parterre di eccezione (qui una mia cronaca dell’evento), cui io ho portato solo un piccolo contributo in una discussione, parlando dalla mia prospettiva di vaticanista.
Siamo abituati a riferirci alle cinque W come alle cinque domande fondamentali da porci ogni qualvolta che scriviamo un pezzo, e le prendiamo come un modello dell’asciutto, preciso, giornalismo anglosassone – quello dei fatti separati delle opinioni, della chiarezza linguistica e interpretativa, e della risposta alle domande.
Negli ultimi mesi sono stato prima a Taiwan e poi in Cina. O, per dirla in maniera ufficiale, prima nella Repubblica di Cina e poi nella Repubblica Popolare Cinese. Sono state occasioni diverse, per visite diverse, che mi hanno lasciato alcune impressioni che condivido qui.
Il 5-6 giugno ho partecipato con un paper alla Seconda Conferenza Internazionale sulla Libertà di Religione e di Credo organizzata dall’Università Blanquerna di Barcellona. Nell’occasione, ho parlato a braccio di un tema che mi sta a cuore: la libertà religiosa come chiave della riconciliazione europea, a partire dal lavoro che i vescovi del Consiglio delle Conferenze Episcopali di Europa hanno fatto a partire dal 1975 in poi. È un tema che sto sviluppando anche in un dottorato di ricerca.
Il numero di aprile della rivista OMNES è stato dedicato al tema del perdono. È una questione che mi interroga molto, perché sono sempre più convinto che la costruzione della pace parta dal perdono per la storia che porti a una comunità riconciliata. L’articolo si trova, in spagnolo, nella rivista cartacea pubblicata in Spagna (qui la sinossi di tutti gli articoli: https://omnesmag.com/it/notizie/rivista-omnes-aprile-pardon/). Pubblico di seguito l’articolo in originale italiano.
Come raccontare la teologia? È una domanda che mi faccio da sempre, da quando, da giornalista, ho cominciato ad approcciare il tema dell’informazione religiosa. Ogni volta che si cerca di spiegare un concetto teologico in termini giornalistici, si tende a fallire, perché o lo si semplifica troppo, o semplicemente non si è in grado di renderlo. Oppure, ed è la terza opzione, ci si trova nel mezzo di un dibattito complesso, in cui già il non prendere una posizione diventa oggetto di critica.
L’intervista che Papa Francesco ha concesso alla televisione svizzera, con quell’espressione forse equivocata ma di certo non felice, sulla necessità di alzare bandiera bianca riferito a Kyiv e non a Mosca, è in qualche modo l’epitome di un pontificato che oggi compie undici anni. Perché, alla fine, il pontificato di Papa Francesco è così: divide e rischia di creare confusione.
Oggi parlo un po’ di me, e quindi mettetevi comodi per un racconto molto personale. Che poi, come diceva Pirandello, io sono uno di quelli che ci vuole per forza trovare un significato nelle storie, e quindi c’è sicuramente qualcosa di escatologico in quello che sto per dire. Chiedo scusa se non si tratta di un qualcosa di professionale, come vi potreste aspettare, ma a volte le cose da dire vengono fuori semplicemente, senza sovrastrutture.
Se dovessi definire un momento preciso in cui la professione del vaticanista è cambiata, non avrei dubbi nel dire che lo spartiacque è stata la rinuncia di Benedetto XVI, undici anni fa. Perché già la rinuncia in sé era un atto dirompente, fuori dagli schemi, improvviso e per questo difficile da porre nelle categorie classiche. E perché, dopo la rinuncia, c’è stata un’ansia di cambiamento, quasi una crisi di rigetto, in cui si è deciso che tutto andava cambiato, che la Chiesa dovesse cambiare narrativa, dovesse parlare con il mondo ma da un punto di vista pari o addirittura di sudditanza. In cui, in fondo, il lavoro con i media diventava centrale, perché era lo stesso Papa che la rendeva centrale, con i suoi gesti, con le sue improvvisazioni, con le sue catchphrases destinate proprio a catturare l’attenzione del pubblico.
In questi ultimi giorni ho ripreso in mano “I miei giorni con Giovanni Paolo II”, di Joaquin Navarro-Valls. Per chi non lo sapesse, Navarro-Valls è stato lo storico portavoce di San Giovanni Paolo II, il mitologico direttore della Sala Stampa della Santa Sede dal 1984 al 2006, l’uomo che in qualche modo rivoluzionò la comunicazione vaticana. A lui è dedicata anche una sala nella Sala Stampa della Santa Sede, con una scelta particolarmente significativa.