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giovedì 17 dicembre 2020

Ricordo di Carmine Alboretti, il maestro che chiamava gli altri "maestro"

Oggi, Carmine Alboretti avrebbe compiuto 46 anni. Eravamo amici, e la sua morte improvvisa è stata uno shock per tutti noi. Sua moglie, Maria, sta portando avanti la sua memoria e i suoi progetti. Tra questi, il concorso "Attraverso i vostri occhi" , che ha lo scopo di raccontare il Covid attraverso lo sguardo dei ragazzi. L'Associazione Giornalisti Vesuviani - Carmine Alboretti, a lui intitolata e da lui fortemente promossa, ha chiesto di ricordarlo oggi, con un post sulla loro pagina Facebook. Questo è il mio contributo, per un amico, per un collega, e per un maestro che chiamava tutti gli altri "maestro."

Non ho foto con Carmine, e questo può sembrare un assurdo, se si pensa a quanto tempo abbiamo passato insieme. Eppure, di Carmine mi restano molte cose. Mi resta la voce, che è come se la sentissi sempre, anche se poi al telefono non ci sentivamo così spesso. Mi restano i gesti, il fumare un po’ veloce, ma mai nervoso. Mi resta la sua sicurezza professionale. Mi resta la sua umiltà, che lo rendeva in qualche modo maestro. Un maestro diverso, che non dava lezioni di vita, ma insegnava la vita vivendola.

Mi resta soprattutto la sua passione, che mi ha sempre colpito. Quando chiuse La Discussione, me lo ricordo sottolineare che i redattori volevano riprendersi il loro giornale. Quando inventò La Voce Sociale, non riuscivo a comprendere dove trovasse la forza di mettere su una redazione, trovare un luogo fisico dove lavorarci, e riuscire a farlo funzionare. Lo vedevo come un esempio, ne avrei voluto avere la concretezza, che non è una dote di poco conto. Aveva quella concretezza artigiana che permette effettivamente di fare le cose.

Ma era anche poetico, in quella poesia tutta vesuviana sospesa tra la malinconia, la concretezza e una certa gioia di vivere mai ostentata, ma comunque vissuta, e vissuta fino in fondo.

In qualche modo, Carmine c’è ancora, ed ho sempre l’impressione che prima o poi una foto insieme la avremo. Per ora, mi resta solo un po’ di mestiere che ho rubato, e qualche ironia che abbiamo condiviso anche lavorando insieme su alcuni progetti.

Probabilmente sto esagerando con gli aggettivi, e non è molto giornalistico. Ma probabilmente a Carmine avrebbe fatto piacere, perché in fondo amava sentire l’amore. Era giornalista per vocazione e cattolico per passione, e ha combinato queste due caratteristiche in vari progetti. È rimasto forse incompiuto, come lo sono tutte le vite che se ne vanno giovani. Quella di Carmine, però, non era una vita giovane. Era una vita piena. Giovane di età, ma piena.

È facile, quando se ne va qualcuno, dire che lascia un vuoto. Ma la scomparsa di Carmine non lascia stranamente un vuoto. Tutto è pieno. Incompiuto, perché interrotto, ma pieno. Ed è per questo che lo sentiamo ancora così vicino.

Ad Multos Annos, Carmine! Magari ora dall’altra parte ti sarai convertito al giornalismo sportivo, e starai prendendo in giro Maradona che fa il funambolo mentre Paolo Rossi continua a fare goal.


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