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giovedì 17 dicembre 2020

Papa Francesco compie gli anni. Quale regalo dovrebbe ricevere dai media?


Qualche tempo fa, padre Antonio Spadaro, direttore della rivista gesuita La Civiltà Cattolica, si chiedeva se si fosse esaurita la “spinta propulsiva” del pontificato di Papa Francesco. E rispondeva che no, non era esaurita, ma che ovviamente non si poteva  giudicare secondo i criteri consueti, perché Papa Francesco agisce da gesuita, vale a dire che punta prima di tutto sulla testimonianza e sullo stile di vita e poi su tutto il resto. Non ci può essere un piano definito, perché irrompe la vita, e la vita è quella del cristiano fedele. Questo parafrasando, ovviamente, ma tutti possono farsi una idea personale leggendo direttamente l’articolo.

Il fatto è che quell’articolo, comparso a inizio di settembre, più che chiudere una questione sembrava aprirne un’altra. Se era stato scritto, era per rispondere ad una idea diffusa, ovvero che il programma di riforma di Papa Francesco fosse in fase di stallo. Allo stesso tempo, se era stato scritto stava a significare che valeva la pena porsi la domanda, anche per chi realmente non se la stava ponendo.

Da settembre ad oggi, molte cose sono successe. Papa Francesco festeggia oggi il suo 84esimo compleanno, l’ottavo da quando è pontefice, in un momento che sembra essere un punto di svolta del suo pontificato: la riforma della Curia dovrebbe aver presto compimento, l’ultimo concistoro ha delineato ancora di più in suo favore gli equilibri all’interno di un eventuale conclave, e in questi due anni molti incarichi vanno a scadenza, permettendo al Papa di nominare persone di sua fiducia, magari con un profilo differente.

Al di là della analisi, però, anche i media devono farsi un esame di coscienza sul modo in cui viene raccontato il pontificato, e lo devono fare prima di tutto i media cattolici, e ancora prima i media istituzionali.

Da quando Papa Francesco è stato eletto, si è parlato con insistenza di “riforma”. Il Papa è stato eletto con un “mandato per le riforme”, i cardinali hanno deciso che c’era bisogno di “un cambio di narrativa”, il Papa avrebbe  dato una nuova forma e immagine al profilo della Chiesa.

Tutta la comunicazione è stata di conseguenza incentrata su questo. E questo già dalle prime battute del pontificato, quando non si mancava di far notare che il Papa era andato a pagarsi la stanza in cui aveva alloggiato prima del Conclave in via della Scrofa,  quando si è sottolineato che il Papa non portava la croce d’oro, quando si enfatizzava che il Papa non voleva alloggiare nel Palazzo Apostolico, ma a Santa Marta, quando le parole di “una Chiesa povera per i poveri” erano state messe in netta contrapposizione alla presunta idea del passato di una Chiesa trionfante.

La domanda che ci si deve fare, però, è se tutta questa enfasi abbia davvero contribuito a raccontare il pontificato. I media, e specialmente i media dell’informazione religiosa, hanno visto nei gesti e nelle parole del Papa la possibilità di raccontare una Chiesa diversa, magari di rendere la Chiesa più simpatica alle persone. In fondo,  si tratta di una Chiesa meno istituzionale, meno presente nel dibattito, che si dice vicina al povero, l’orfano e la vedova (le categorie della Bibbia) e che allo stesso tempo mette da parte l’idea di essere una struttura di potere.

Questo, però, non racconta tutto il pontificato, ma piuttosto mette una patina davanti allo stesso pontificato di Papa Francesco. Siamo abituati a pensare che si tratti di un Papato di gesti e non di documenti, ma – e basta guardare il sito del Vaticano – Papa Francesco ha prodotto una ampia serie di documenti, da motu propri a rescritti, che hanno effettivamente preso decisioni. E non stiamo qui commentando la bontà o meno delle decisioni (sarebbe una analisi ulteriore), ma semplicemente del fatto che queste decisioni ci siano.

Siamo anche abituati a pensare al Papato di Papa Francesco come un Papato sinodale. I fatti dimostrano che Papa Francesco ha piuttosto deciso, e deciso personalmente, centralizzando molto, sebbene mostrando di ascoltare tutti. La famosa riforma della Curia in discussione, per esempio, non è ancora stata pubblicata, ma molte delle cose che sono previste nel testo della Praedicate Evangelium, inclusi i nuovi dicasteri, sono già stati attuati, e spesso con decisioni che hanno preceduto – e non fatto seguito – alle riunioni del Consiglio dei Cardinali che Papa Francesco ha stabilito proprio per occuparsi della riforma, oltre che per coadiuvarlo al servizio della Chiesa.

Abbiamo anche l’immagine di un Papa che sta facendo pulizia del Vaticano corrotto, rompendo vecchi schemi di potere. Eppure, c’è un nuovo Vatileaks in corso, i cronisti di giudiziaria hanno preso il sopravvento sulla cronaca vaticana, le vecchie strutture di potere sembrano essere tornate di moda, e questo nonostante l’impegno del Papa per attaccare la corruzione. Tra l’altro, proprio sui processi vaticani ci sono, spesso, più domande che risposte, anche se tutto questo non sembra comparire sui media.

Sono varie le questioni aperte, dal processo per abusi nel preseminario vaticano (aperto grazie ad una decisione del Papa che ha annullato la rescrizione) alle indagini su alcune attività finanziarie (avviate grazie a una decisione del Papa che ha fatto saltare qualche passaggio procedurale) fino ai processi più antichi. E poi, ci sono anche altri casi di grande garantismo di Papa Francesco, che riguardano fedelissimi come l’arcivescovo Gustavo Zanchetta, ora assessore all’APSA e coinvolto in un processo per presunti abusi in Argentina, ma anche persone che non la pensano come il Papa come il cardinale George Pell, rimasto al suo incarico fino a scadenza nonostante fosse coinvolto in un processo ingiusto che lo ha portato anche ingiustamente in carcere e poi anche ricevuto da Papa Francesco una volta tornato a Roma.  

Tutto questo per dire che c’è una realtà molto più sfumata, che va al di là degli entusiasmi su una presunta riforma del Papa. Questa obiettività, questo sano distacco, può essere il regalo migliore che l’informazione religiosa può fare a Papa Francesco. Quella di raccontare la Chiesa, e non il Papa. Di guardare alla storia, e non al momento. Di non enfatizzare, ma piuttosto di prendere il bene che c’è.

Sandro Magister ha notato che il Papa viene censurato quando parla di aborto, e gli è stato fatto notare di rimando (e dall’Argentina!) che in realtà il Papa ne parla proprio quando sa che non farà notizia. Ma il punto è che l’informazione religiosa deve comprendere che la vera notizia sta nella continuità, non nella novità. Perlomeno per la Chiesa.

Parlare di riforma di mentalità, di nuova stagione nella Chiesa, in fondo, è frutto di un errore di fondo. Nella Chiesa non ci sono rivoluzioni. Una rivoluzione c’è stata con Gesù, ed è l’unica rivoluzione possibile. 

Tutte le altre sono state sfumature, aggiustamenti, interpretazioni, tentativi di conformarsi il più possibile all’insegnamento di Gesù, di non tradirne il pensiero e allo stesso tempo di darsi una organizzazione, di fare una Chiesa viva, vera e il cui insegnamento sia davvero cattolico, cioè universale. Non è stata una storia senza errori, e non è stata una storia esente da peccati e corruzione. Ma questo procedere in avanti, di certo, non è andato avanti attraverso continue rivoluzioni.

Non so se Papa Francesco voglia che si pensi che ci sia davvero una rottura e che ci sia davvero una rivoluzione. So che spesso lui parla di conversione, più che di riforme, anche se poi la parte spirituale si mescola con il suo pragmatismo quasi secolare, le decisioni pratiche sembrano parte di una agenda pratica, e non di una lunga visione di insieme che, per ammissione di molti, non ha. Lo stesso Papa Francesco dice che le riforme si fanno “in cammino”, vale a dire che si fanno facendole, non necessariamente con un piano, ma solo con un generale obiettivo finale.

La Chiesa, tuttavia vive soprattutto di continuità. Il dramma di questa narrativa intorno a Papa Francesco è che sembra sottolineare che non ci sia mai stata una Chiesa dei poveri, una Chiesa degli ultimi, una Chiesa per le persone. Non è una vero, perché invece questa Chiesa è sempre stata viva e presente. Forse non percepita sui media, in alcuni casi, ma presente. Anzi, a volte nascosta, perché in fondo – dice il Vangelo – la destra non deve sapere cosa fa la sinistra.

È compito dei media andare oltre la narrativa e guardare la realtà in tutte le sue sfaccettature. Ed ecco, probabilmente il regalo migliore che si può fare a Papa Francesco da parte dell’informazione religiosa è piuttosto quello di mettere da parte la narrativa, e di guardare alla realtà. Di non sovrainterpretare il Papa, e di non sotto-interpretarlo allo stesso modo. Di raccontare il Papato, più che la persona del Papa, e la Chiesa, più che i personaggi. Questo, sì, permetterebbe a tutti di guardare alle cose con più lucidità. Perché se – come dice Francesco – la realtà è superiore all’idea, allora l’analisi fattuale deve venire prima dell’entusiasmo narrativo.

Ad Multos Annos, Papa Francesco!

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