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venerdì 11 febbraio 2022

Benedetto XVI, la sua eredità profetica

Nove anni dopo la sua rinuncia, Benedetto XVI si comporta ancora da Papa. E lo fa proprio nel non voler essere Papa, nel non aver mai fatto un passo avanti rispetto al ruolo di Papa emerito che si è ritagliato, originalissimo e unico nella storia della Chiesa, quello di un Pietro che resta sub umbra Petri, sotto l’ombra di Pietro, come un santuario che ha un particolare legame proprio con la Sede Apostolica. Benedetto XVI si comporta ancora da Papa perché niente, in lui, è personalismo, niente è voglia di rivalsa. C’è la Chiesa, c’è il Papa, e non c’è vita né reputazione personale che tenga.

Lo aveva dimostrato nove anni fa, quando, in maniera improvvisa, aveva declamato la renunciatio a un gruppo di cardinali allibiti riuniti in un concistoro in giorno festivo vaticano (l’11 febbraio, data dei Patti Lateranensi) per stabilire le date di canonizzazione. E lo ha dimostrato nei giorni che hanno preceduto l’anniversario della rinuncia, in una lettera che ha accompagnato la risposta dei legali che lo avevano aiutato ad analizzare le carte del rapporto sugli abusi commissionato dall’Arcidiocesi di Monaco e Frisinga, e a confutare le accuse che lui avrebbe gestito male, o persino volutamente ignorato, alcune situazioni.

Carte alla mano, e dichiarazioni degli avvocati scandagliate, è chiaro che le accuse non erano vere, che Ratzinger non sottovalutò né trascurò alcunché. Semplicemente, di alcune cose non era a conoscenza, altre le delegò. Eppure, è bastato un errore (non del Papa emerito) nella stesura della sua risposta per arrivare a dargli del bugiardo, secondo una campagna mediatica che lo ha sempre trovato facile bersaglio.

Sarebbe facile, per Benedetto XVI, rispondere solo in punta di diritto e documenti. Ma non sarebbe quello che fa un uomo di Chiesa. E il Papa emerito è un uomo innamorato di Dio e della Chiesa. Così innamorato che tutto, nella sua vita, è letto attraverso gli occhi di Dio, attraverso le parole di un Vangelo e una Bibbia che ha meditato moltissime volte, fino a coglierne la profondità, come un gioielliere che conosce ogni angolo, ogni riflesso, ogni luce prodotta dal diamante che si trova incastonato davanti.

Benedetto XVI non ha mai scisso le sue decisioni dalla riflessione sulla Chiesa, sul Vangelo, su Dio. Non lo ha fatto nemmeno adesso, quando le accuse si sono levate di nuovo contro di lui, tra l’altro su temi già chiariti, su situazioni già delineate.

Non è la prima volta che Benedetto XVI si trova a rispondere a delle accuse gratuite. Sempre, nelle risposte, ha scelto un approccio personale. Come quando scrisse una lettera per spiegare la sua decisione della revoca della scomunica a quattro vescovi lefevbriani, nel mezzo delle controversie causate da uno di loro. Era una lettera pastorale, una lettera in cui veniva stigmatizzato il “mordere e divorare” che si era creato tra gli stessi confratelli, e veniva paragonato ad una attitudine che già avevano gli apostoli. In pratica, Benedetto XVI stava sottolineando che non c’era nulla di nuovo, che la Chiesa era permeata da questi attacchi fratricidi e immotivati, e che era quella la conversione necessaria, staccarsi, appunto, da questo mordere e divorare.

E ancora, Benedetto XVI aveva parlato in maniera pastorale anche scrivendo ai cattolici di Irlanda dopo lo scandalo degli abusi. Il Papa aveva incontrato i vescovi per capire la situazione, aveva deciso di inviare una visitazione apostolica in Irlanda, ma aveva anche deciso di scrivere, di cercare di comprendere le cause del dramma che si era consumato in quello che era, da sempre un Paese cattolico.

La caratteristica di Benedetto XVI è quella di guardare alto, di tenere lo sguardo puntato alle cose di lassù così come i discepoli sulla barca tengono gli occhi fissi su Cristo. E infatti, nel momento in cui discepoli distolgono lo sguardo, non riescono più a camminare sulle acque, cadono, rischiano di annegare. Benedetto XVI non distoglie mai lo sguardo. Ed è questo che, probabilmente, fa male a quanti vogliono mettere in discussione non tanto il pontificato, quanto lo stesso Papa emerito, il suo pensiero, la sua teologia che ha avuto una influenza straordinaria.

Questa influenza la ha avuta non perché Benedetto XVI ha voluto creare una scuola teologica, non perché  abbia voluto in qualche modo essere maestro. La ha avuta, piuttosto, con la forza del ragionamento, e a motivo del fatto che la ragione, per Benedetto XVI, non può essere disgiunta dalla fede. Benedetto XVI ha preso alla lettera l’invito dell’apostolo a dare ragione della propria speranza, la ha vissuta nella sua vita. È stato autentico, in un mondo in cui essere autentici è necessariamente un difetto. È stato uomo di Chiesa, perché ha messo sempre la Chiesa di Gesù al primo posto. Anche andando oltre se stesso.

Ed è per questo che Benedetto XVI continua a comportarsi da Papa, sebbene Papa non lo sia più. La lettera dell’8 febbraio, accorata, profonda, era la lettera di un Papa che rivendicava la sua buonafede in un singolo errore nella risposta data agli inquirenti, ma che alla fine a quell’errore non dava peso: siamo umani, sbagliamo, l’importante è rendersi conto che non è un errore a mettere in discussione la veridicità delle sue parole.

Eppure, Benedetto XVI chiede scusa. Chiede scusa per gli abusi, ricorda che all’inizio della Messa si pronuncia il Confessio, addirittura arriva a parlare della fine della sua vita, e della sua certezza che sarebbe arrivato davanti a un Dio misericordioso, che avrebbe guardato la sua autenticità, non certo i suoi singoli errori. Benedetto XVI si scusa perché, quando una persona pecca, è l’umanità a peccare con lui. Perché per Benedetto XVI tutti sono Chiesa, nessuno escluso. Benedetto XVI conosce l’importanza dei ruoli, sa che un Papa è un Papa e un vescovo è un vescovo, ed è uno dei motivi perché si è ritagliato questo ruolo di Papa emerito, sapendo che non poteva tornare nel rango dei cardinali, ma nemmeno essere Papa, e dando così una linea interpretativa per il futuro, e cioè che il pontificato equivale ad un’altra ordinazione.

Eppure, nonostante questo, Benedetto XVI si sa immedesimare nelle sofferenze delle persone, sa che una Chiesa che ferisce non ferisce solo le vittime, ma ferisce se stessa, si rende conto che la Chiesa è un corpo martoriato dalle ferite del peccato. “Noi siamo Chiesa”, con Benedetto XVI, assume il significato più vero, autentico, e lo assume perché c’è un Papa emerito che si prende, senza sconti, il carico delle responsabilità, e lo fa con una serafica certezza evangelica.

Nove anni dopo, ci rendiamo conto che il passo indietro di Benedetto XVI non è una fuga dalle responsabilità, né potrebbe esserlo, e non è neanche la riuscita di un complotto contro la Chiesa che voleva metterlo da parte. Era piuttosto il gesto di un padre che faceva un passo indietro per far crescere i figli. E questo senza nemmeno considerare l’eventualità che i figli avrebbero fatto scelte sbagliate, avrebbero potuto portare alla rovina ciò che aveva costruito. Benedetto XVI è un uomo libero, e da uomo libero ha lasciato fare tutto a Dio.

La storia dirà se gli uomini di Chiesa saranno stati degni dell’immensa fiducia che Benedetto XVI ha dato alla Chiesa di Cristo al momento della rinuncia. Di certo, noi ancora non lo abbiamo capito. E ci resta da rileggerne i documenti, analizzare il suo modus operandi, per renderci conto che ogni azione di giustizia è sempre stata corredata, da Benedetto XVI, con una notta esplicativa di tipo escatologico – pastorale. Chi non lo ha capito, non ha capito il Papa emerito.

Nove anni dopo, stiamo ancora ad interrogarci sulle ragioni della decisione di Benedetto XVI. Eppure, tutto era chiaro sin dall’inizio, perché la rinuncia è una scelta coerente con la sua vita. Oggi come allora, Benedetto XVI viene attaccato, in un tentativo di distruggerne la profezia. Oggi come allora, Benedetto XVI non può che uscire rafforzato dagli attacchi, perché la verità, alla fine, è quella che resta, e nessuno la può cambiare.

1 commento:

  1. Quinto sono di vere di belle e giuste vostre parole Sg.Gagliarducci.
    Benedetto XVI non può che uscire rafforzato dagli attacchi, perché la verità, alla fine, è quella che resta, e nessuno la può cambiare.

    God bless you.

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