Per comprendere il senso delle parole, si deve fare un passo indietro. Da anni, negli Stati Uniti, è in corso un dibattito: i politici cattolici che si professano pro aborto possono fare la comunione? No, ha risposto una nota della Congregazione della Dottrina della Fede, perché questi sono in una situazione di grave peccato pubblico, e dunque la comunione dovrebbe essere loro negata. Ne è seguito un dibattito asperrimo, tra chi ritiene che una posizione politica non cambi la sostanza di un cattolico e chi invece sottolinea che quella posizione politica dimostra appunto di non credere in una delle credenze fondamentali del cristianesimo, e cioè che ogni essere umano è uguale in dignità.
Il tema si è fortemente riproposto con la candidatura di Joe Biden alla Casa Bianca, cattolico,
democratico e pro aborto, al punto che recentemente ha definito l’aborto
un diritto umano. Sia chiaro che nessuno ha mai contestato la natura pia e
credente di Biden. Ma il catechismo della Chiesa
Cattolica è chiaro, non ci sono scorciatoie su quello.
Papa Francesco,
d’altro canto, non ha voluto prendere una posizione netta. Ad una domanda sul
tema che gli è stata posta nel volo di ritorno da Budapest e la Slovacchia,
Papa Francesco ha risposto che la questione della comunione ai politici pro aborto
non va risolta politicamente, ma pastoralmente. Né sì, né no, dunque. Valutate secondo circostanze.
Che è, in fondo, esattamente quello che è sempre accaduto. Se un politico, nel privato della sua
parrocchia, seguito da un confessore, prende la comunione anche in uno stato di
grave peccato pubblico, è una questione profondamene privata che riguarda
la sua comunità, il suo confessore e il modo in cui questa cosa viene gestita
dal parroco. Ma se invece prende la comunione in pubblico, in qualche modo andando a testimoniare che la Chiesa accetta alcune
situazioni e dunque avendo la possibilità di usare la Comunione come un
grimaldello politico su alcuni temi, allora è un problema.
Ed è esattamente quello che ha fatto Biden. Da una parte, ci si lamenta dell’uso politico e
persino strumentale della religione, e
si punta il dito contro i cattolici integralisti che portano le loro credenze
in politica. Ma, dall’altra, si fa esattamente la stessa cosa. Si porta una questione di fede nel
dibattito politico, trascinando nel dibattito lo stesso Papa Francesco.
Un Papa che non può
rispondere, perché la Santa Sede ha sempre tenuto riservatezza sulle questioni
private. Per quanto ci riguarda, Biden avrebbe anche potuto confessarsi dal
Papa. Ma questo non lo avrebbe autorizzato
a dire niente.
Ora, può darsi che nel prossimo viaggio, Papa Francesco risponderà ad una domanda
diretta sul tema con parole vaghe, senza sciogliere l’enigma. Per ora,
Matteo Bruni si è riferito alla conversazione come “una conversazione privata”,
e non potrebbe essere altrimenti. Di fondo, però, il problema vero è l’uso che
Biden ha fatto della visita.
Le parole di Biden
non meritano una risposta pastorale, meritano una risposta politica.
Meriterebbero una nota della Segreteria di Stato vaticana, che non tanto
smentisca, quanto che si lamenti sostanzialmente del fatto che Biden abbia
fatto (veracemente o meno, non è importante) riferimento ad una conversazione che doveva rimanere privata.
Non si tratta di un tema pastorale, quanto di un tema politico.
Servirebbe, dunque, una risposta a livello politico e diplomatico, più che vescovi che ribadiscono che Biden
non potrebbe prendere la comunione, e preti che comunque gliela danno come è
successo alla Messa nella “parrocchia degli americani” di San Patrizio a Roma,
non lontano dall’ambasciata USA in Italia, dove Biden è andato
il 30 ottobre dopo il G20, sarebbe piuttosto da mettere in discussione
l’atteggiamento generale del presidente. Perché il punto non è se Biden abbia o meno agito da cattolico.
Su questo, possiamo avere anche i nostri dubbi. Il punto è che quello che ha fatto non è stato davvero isituzionale.
Di fatto, tutto l’incontro è stato poco istituzionale, con Biden che ha scherzato sin dall’inizio,
come fa sempre, presentandosi come “il marito di Jill” e poi continuando
con un tono quasi confidenziale per tutto il tempo della visita, almeno per
quanto si può vedere dalle immagini.
Sappiamo che Papa
Francesco apprezzi questo tipo di atteggiamento, che manifesta anche un certo
disprezzo della funzione che si ricopre, ma non significa che questo
atteggiamento sia protocollarmente giusto. Perché in fondo non erano Joe Biden e Jorge Bergoglio a incontrarsi, ma il presidente della nazione
considerata a torto o a ragione la più potente del mondo e il Sommo Pontefice. E questo deve essere chiaro nei gesti, nei
modi, nei toni.
Quello che si voleva far trasparire era una sostanziale confidenza
tra i due, ma questo difficilmente entra nei temi diplomatici. Infatti, la nota
della Sala Stampa della Santa Sede, che riporta sempre dei colloqui bilaterali,
e mai della conversazione privata, aveva
anche dei temi critici, menzionava persino l’obiezione di coscienza, nonché
il tema della dignità umana, che includeva appunto proprio la tanto dibattuta
questione dell’aborto.
C’è una nota a margine da fare. Christopher Altieri,
in un commento su Catholic World Report, sottolinea come padre Federico
Lombardi, già direttore della Sala Stampa della Santa Sede, avesse spiegato che
Benedetto XVI, dopo un colloquio,
spiegava i temi della conversazione, mentre Papa Francesco si dilunga piuttosto sulla personalità
dell’interlocutore. Si può desumere, dunque, che mentre Benedetto XVI fosse parte delle discussioni sull’agenda degli incontri,
e portasse avanti una agenda condivisa con la Segreteria di Stato, Papa Francesco lasci più spazio alle
impressioni personali, meno istituzionali. È
uno stile, cui si ovvia con il lavoro istituzionale della Segreteria di Stato.
Viviamo in un mondo in cui tutti vogliono sentirsi uguali,
in cui il potere piace solo se sembra essere al livello delle persone. Ma si
tratta di illusioni. Né Papa Francesco
né Biden, con tutta la loro simpatia, poi possono scappare dalla necessità
di prendere decisioni, anche dolorose, e a volte persino in contrasto con
quello di cui parlano. Basti pensare al modo in cui Biden ha trattato la questione dei migranti, nonché al ritiro
frettoloso dall’Afghanistan. E sono solo due esempi.
Si deve uscire dalla narrativa, per cominciare a comprendere
la realtà. Per farlo, serve anche più consapevolezza della dottrina cristiana. In fondo, è per questo che i vescovi USA
hanno cominciato un percorso sul “rinnovo eucaristico”, che non riguarda il
tema, politico, della distribuzione della comunione ad alcuni gravi peccatori,
ma piuttosto ad una rinnovata comprensione del senso dell’Eucarestia. Se si
parte da quello, diventa evidente cosa fare.
Alla fine, una cosa resta chiara: nel dire quello che ha
detto, Biden ha dimostrato di non
rispettare il Papa, non rispettare la gerarchia cattolica e i suoi
insegnamenti, e non rispettare nemmeno la sua fede, facendo di questa fede un
tema politico. Si può dire che non è stato lui ad iniziare, forse. Ma lui
poteva anche non continuare. Poteva anche decidere di non prendere la comunione
in pubblico. Poteva anche vivere la sua
fede come un atto privato, con tutto quello che ne conseguiva in pubblico.
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