Il prossimo 7 novembre, il Cardinale Angelo Scola, arcivescovo emerito di Milano, compirà 80 anni e uscirà dal novero dei Cardinali elettori in un Conclave. I cardinali elettori saranno così 120. Ma diventeranno 110 nel corso del prossimo anno, quando altri dieci cardinali compiranno 80 anni e perderanno così il diritto di votare il prossimo Papa. Sono numeri, questi, che hanno alimentato i rumors che Papa Francesco possa convocare un concistoro per la creazione di nuovi cardinali entro la fine dell’anno, o al più tardi a febbraio 2021. Se lo facesse, avrebbe praticamente blindato l’elezione del prossimo Papa.
Quando
si parla di Conclave, si è nel campo
delle supposizioni. Non si può sapere chi i cardinali voteranno come Papa,
ed è plausibile che gli stessi cardinali siano in grado di cambiare idea. Isolati, senza possibilità di contatti con
l’esterno, i porporati ponderano la scelta del prossimo pontefice sulla base di
considerazioni più pragmatiche che geopolitiche. Ma i numeri, comunque,
sono in grado di raccontare qualcosa. Permettono, se non altro, di capire quale
è l’indirizzo che Papa Francesco vuole
dare alla Chiesa, e quali segnali vuole dare agli episcopati.
Al
momento, i cardinali elettori sono 121: 13
creati da Giovanni Paolo II, 38 creati da Benedetto XVI e 70 creati da Papa
Francesco. Come detto, il cardinale Scola compirà 80 anni, ed uscirà dalla
lista dei cardinali elettori. Ma la stessa sorte toccherà a dieci cardinali: il
Cardinale Ricardo Ezzati Andrello,
il Cardinale Gualtiero Bassetti, il
Cardinale Ricardo Blazquez Perez, il
Cardinale Norberto Rivera Carrera,
il Cardinale Gregorio Rosa Chavez,
il Cardinale Ruben Salazar Gomez, Il
Cardinale Giuseppe Bertello, il Cardinale Gianfranco Ravasi, il
Cardinale André Vingt-Trois, il
Cardinale Oscar Andrés Rodriguez
Maradiaga.
Di
questi cardinali, solo quattro sono
stati creati da Papa Francesco. Se Papa Francesco decidesse di creare 10
cardinali elettori, per ritornare al
limite massimo di 120 elettori stabilito da Paolo VI e confermato da Giovanni
Paolo II, ci sarebbero in un eventuale conclave 76 cardinali creati da Papa Francesco. Vale a dire, solamente quattro
in meno degli 80 cardinali che
rappresentano i due terzi dei votanti e che permetterebbero l’elezione di un
pontefice già dai primissimi scrutini.
Non è
dato sapere come questi cardinali voteranno in Conclave, e forse non saranno davvero compatti. In fondo, nonostante un
concistoro l’anno, Papa Francesco ha
convocato una sola volta, nel 2014, un concistoro generale in cui i
porporati potessero incontrarsi e conoscersi. Difficile, per molti, comprendere
chi siederà vicino a loro in Cappella Sistina. Molto, insomma, si giocherà alle Congregazioni Generali, gli
incontri pre-conclave. Con un nuovo
concistoro, però, Papa Francesco potrebbe
mettere una seria ipoteca sul successore.
D’altronde,
Papa Francesco ha portato avanti una
opera di rinnovamento del Collegio Cardinalizio quasi sistematica. Da
quando è Papa, ha tenuto un concistoro l’anno. Per fare un paragone, Giovanni Paolo II, che pure mutò
profondamente il collegio cardinalizio, ha creato cardinali in 9 concistori
“spalmati” su 27 anni di pontificato.
Quali
saranno gli eventuali criteri per le
nuove berrette rosse di Papa Francesco? A guardare i precedenti concistori,
si possono distinguere tre criteri fondamentali: l’imprevedibilità; la volontà di espandere la
rappresentanza della Chiesa fino alle più remote e meno cristiane regioni
geografiche; l’idea di avere sempre, tra
le nuove berrette rosse, almeno una che rappresenti un collegamento con il
passato, tanto che si è arrivato a parlare di remediation cardinals.
Per quanto riguarda l’imprevedibilità, c’è poco da dire. Papa Francesco potrebbe scegliere chiunque
come cardinale. In generale, Papa
Francesco ha guardato spesso ad arcidiocesi non tradizionalmente cardinalizie,
cercando di smontare degli automatismi che si erano generati con il tempo. Per
esempio, diventare arcivescovo di Milano, la diocesi più grande del mondo, dava
praticamente un accesso sicuro alla porpora. Con Papa Francesco, non è necessariamente così.
Questo perché il Papa non vuole si creino delle ambizioni di
carriera, puntando a raggiungere determinate arcidiocesi. C’è anche da dire
che la tradizione delle arcidiocesi cardinalizie non ha un senso di potere, ma
di servizio. Essendo il collegio cardinalizio il “Senato” del Papa, si è sempre pensato di includere nei processi
decisionali le arcidiocesi più importanti, quelle che fanno da punto di
riferimento per le altre e che hanno un prestigio internazionale. Papa Francesco invece utilizza un criterio
diverso: non porta le persone che ritiene migliori nei posti più
prestigiosi e difficili, ma semplicemente dà a queste persone un titolo là dove
sono.
Come sarà la
composizione del collegio cardinalizio al prossimo concistoro?
Ci sono,
ovviamente, delle decisioni che appaiono scontate. Per esempio, la possibile
berretta rossa all’arcivescovo Lazzaro
You Heung-sik, prefetto della Congregazione per il Clero, e all’arcivescovo Arthur Roche, prefetto
della Congregazione per il Culto Divino. Come appare scontata la porpora per l’arcivescovo Vergez Alzaga, da poco
nominato presidente del Governatorato dello Stato di Città del Vaticano. Poi ci
sono decisioni meno scontate. La
pattuglia dei cardinali italiani è consistentemente diminuita di numero sotto
Papa Francesco. Sono senza berretta rossa sedi tradizionalmente
cardinalizie, come Napoli, Palermo,
Venezia, Milano. L’emerito di nessuna di queste quattro arcidiocesi è un
cardinale elettore. Sembra, però, che
Papa Francesco possa volgere il suo sguardo sul francescano Marco Tasca,
arcivescovo di Genova, nonostante il suo predecessore, il Cardinale Angelo Bagnasco sia ancora tra i cardinali elettori.
Poi, Papa Francesco potrebbe premiare l’arcivescovo Gintaras Grusas, di
Vilnius (Lituania), che è stato eletto presidente del Consiglio delle Conferenze
Episcopali Europee.
Ma tra le sorprese
potrebbe esserci anche un altro italiano: monsignor
Angelo Sequeri, per un quinquennio presidente del Pontificio Istituto
Teologico Giovanni Paolo II. Monsignor
Sequeri ha 77 anni, e sarebbe dunque un cardinale elettore. Con la berretta
rossa, Papa Francesco vorrebbe in
qualche modo benedire il nuovo corso dell’istituto intitolato al Papa polacco,
profondamente riformato negli ultimi anni?
È una delle
ipotesi. Accanto alla quale si fa largo l’ipotesi di una porpora cardinalizia
assegnata all’arcivescovo Piero Marini,
storico Maestro delle Cerimonie Pontificie di San Giovanni Paolo II e fino a
quest’anno presidente del Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali.
Sarebbero anche
questi cardinalati da considerare nella categoria dei remediation cardinals? È
possibile, perché entrambe le berrette rosse andrebbero a dare un segnale
non solo al nuovo corso teologico, ma soprattutto a quello liturgico. Papa
Francesco, tra l’altro, con la Traditionis Custodes ha voluto porre una
cesura netta sul tema liturgico, e il premio a un cerimoniere conosciuto (e a
volte contestato) per la sua interpretazione molto aperta del Concilio Vaticano
II potrebbe dire più di mille parole la direzione che Papa Francesco vuole
dare alla Chiesa.
Con i suoi
cardinali, Papa Francesco ha anche reso
chiaro di non voler seguire le vie tradizionali. Così, la Francia – se si
eccettua il Cardinale Dominique Mamberti,
prefetto della Segnatura Apostolica – non è mai stata beneficiata da una
berretta rossa dal Papa. Le tradizionali
sedi cardinalizie francesi (Bordeaux, Marsiglia, Parigi e Lione) sono tutte
guidate da arcivescovi non porporati. Considerando che il Cardinale Vingt-Trois uscirà dagli elettori
nel corso dell’anno, Papa Francesco potrebbe forse procedere ad una
creazione cardinalizia in Francia.
La Spagna ha
invece quattro cardinali (gli arcivescovi
di Madrid, Valencia, Barcellona, Valladolid), anche se non è cardinale
l’arcivescovo di Toledo Francisco Cherro
Chaves, primate di Spagna. La Spagna, però, non sembra essere candidata ad
avere nuove porpore.
Guardando all’Europa, colpisce l’assenza di arcidiocesi
come Cracovia e Armagh dalla “geografia cardinalizia”.
Nemmeno Canada e Stati Uniti dovrebbero ottenere nuove
porpore. Gli Stati Uniti hanno già cinque cardinali elettori, il Canada due
arcivescovi residenziali (il Cardinale Collins a Toronto, il Cardinale Lacroix
a Quebec) e anche due curiali (il Cardinale Czerny e il Cardinale Ouellet).
In America Latina, la recente udienza concessa dal Papa
all’arcivescovo di Lima Carlos Mattasoglio ha fatto pensare ad una berretta
rossa in vista per lui, così come dovrebbe arrivare la porpora anche per l’arcivescovo
Wamor Oliveira de Azevedo, che guida l’arcidiocesi di Belo Horizonte ed è
presidente della Conferenza Episcopale Brasiliana.
Al momento, l’Africa risulta sottorappresentata, dato che
nel 2021 tre cardinali africani hanno compiuto 80 anni. Papa Francesco potrebbe
guardare al Sud Sudan, luogo che vorrebbe visitare, e premiare l’arcivescovo Stephen
Ameyu Mulla del Sud Sudan. Ma potrebbe anche creare cardinale l’arcivescovo
Benjamin Ndiaye di Dakar e l’arcivescovo Mandla Jwara di Durban.
L’Australia non ha al momento un cardinale elettore, e i due
nomi scontati potrebbero essere quello
dell’arcivescovo Anthony Fisher di Sydney o di quello di Melbourne Peter
Comensoli. Ma non si deve sottovalutare la possibilità di una berretta rossa
per l’arcivescovo Mark Coleridge di Brisbane, presidente della Conferenza
Episcopale Australiana e (sembra) molto stimato da Papa Francesco durante il
Sinodo per la Famiglia del 2015.
Ma l’Oceania (e qui siamo di nuovo nel campo delle
sorprese) potrebbe essere anche premiata con un porporato della Papua Nuova
Guinea, altro Paese dove il Papa programma di andare l’anno prossimo.
L’Asia invece conta oggi 15 cardinali elettori, e non dovrebbe
essere interessata da sostanziali novità.
Guardando al Collegio cardinalizio, la composizione degli
elettori conta 52 cardinali dall’Europa, 16 dall’America del Nord, 7
dall’America Centrale, 13 dall’America del Sud, 15 dall’Africa, 15 dall’Asia e
3 dall’Oceania.
Sotto Papa Francesco, sono meno i cardinali europei
(erano 62 nel 2013) e sono raddoppiati quelli provenienti dall’America Centrale
(erano 3 nel 2013) e cresciuti di qualche unità quelli di Africa, Asia,
Oceania.
Ma questa disamina geografica potrebbe saltare se Papa
Francesco decidesse di espandere il numero di cardinali elettori. Con il
Concistoro del 28 novembre 2020, superò la soglia di 120, arrivando a 128
cardinali elettori. Se l’idea di fondo è quella di allargare la base
elettorale, Papa Francesco potrebbe de
facto nominare più cardinali elettori.
Nelle sue scelte, si è fatto sempre guidare da criteri di
fiducia, ma ha anche dato segnali precisi di governo. Per esempio, dall’inizio
del pontificato, è cardinale il Segretario Generale del Sinodo (prima
Baldisseri, adesso Grech), un segno di quanto il Papa consideri importante l’istituzione
del Sinodo. Mentre la berretta rossa data al sottosegretario per i Migranti e
Rifugiati Michael Czerny è una chiara indicazione d quanto il tema delle
migrazioni sia importante per il Papa.
E sarà da vedere a chi della Curia il Papa darà la berretta
rossa. Arrivasse prima della riforma della Curia (la cui finalizzazione è
attesa per metà dicembre), la dignità cardinalizia mostrerebbe concretamente la
strada che vuole percorrere Papa Francesco nello scegliere e destinare i suoi
collaboratori.
Nessun segnale, in fondo, va sottovalutato, quando a
scegliere è Papa Francesco.
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