Quasi
per una ironia del destino, il Papa
teologo che costruiva discorsi come le cattedrali compie gli anni il giorno
dopo l’anniversario dell’incendio di Notre Dame. Benedetto XVI ha oggi 94
anni, è stato più tempo Papa emerito che Papa, e continua a vivere la sua vita
di preghiera, di fede, di riflessione, in quello che è un tempo di
intercessione. Non conta quanto la voce
di Benedetto XVI si sia fatta flebile a causa dell’età che avanza. Conta
che il suo pensiero, lucido, è ancora fermo, saldo e punto di riferimento
costante. È anziano, Benedetto XVI, ma
il suo pensiero resta giovane. Resta giovane perché è come il cuore della
cattedrale di Notre Dame: punta dritto verso Dio.
D’altronde,
Benedetto XVI lo disse, entrando
nella cattedrale di Parigi durante il viaggio in Francia del 2008: “Eccoci nella chiesa-madre della diocesi di Parigi, la
cattedrale di Notre-Dame, che s’innalza nel cuore della città come segno vivo
della presenza di Dio in mezzo agli uomini”.
Va esplorato, questo legame di Benedetto XVI con Notre
Dame, perché racconta molto di chi fosse il Papa emerito, ci permette
ancora di più di riconoscere quel pontificato nascosto che in pochi ricordano.
Nascosto non perché fosse occultato alla vista, ma perché semplicemente così
essenziale da risultare invisibile agli occhi, come direbbe Il Piccolo Principe. Essenziale perché tutto il linguaggio e il
pensiero di Benedetto XVI puntavano ad una sola cosa: cercare di raccontare
la fede, e la teologia che cerca di spiegare la fede e la dottrina della fede,
con gli occhi di Dio. Perché per Benedetto
XVI non c’era bisogno di una fede umana. C’era bisogno di una fede che
riconoscesse il fatto di essere di origine divina.
Mentre, a due
anni dall’incendio di Notre Dame, si magnifica il cantiere internazionale,
si guarda all’opera dell’uomo in quella che sembra essere una ricostruzione
laica della spiritualità medievale, fa bene ricordare quando il Cardinale Joseph Ratzinger, allora prefetto
della Congregazione della Dottrina della Fede, andò a concludere il ciclo
di Conferenze di Quaresima nella Cattedrale di Notre Dame. Era il 2001.
Di cosa aveva parlato in Joseph Ratzinger? A tre anni dalla Dies
Domini di Giovanni Paolo II, il
Cardinale Ratzinger
parla dell’importanza della domenica, perché la domenica come giorno della Resurrezione e l’Eucarestia come incontro
con il Risorto formano tutt’uno. E allora ci si deve centrare sulla
domenica, perché fermandosi per Dio, Dio diventa di nuovo per noi il punto di
partenza e di arrivo nel tempo.
Questo
non lo si comprende “quando fai
esperienza della Chiesa solo attraverso riunioni o scartoffie”, e il riposo
“diventa oggetto di fastidio perché o diventa oggetto della nostra azione
oppure come qualcosa di imposto, di estraneo. Conosciamo la Chiesa dall’interno solo quando sperimentiamo la sua trascendenza,
quando il Signore entra in lei e ne fa la sua casa e noi siamo improvvisamente
fratelli e sorelle. Questo è il motivo per cui la Sacra Festa
dell’Eucarestia è così importante”.
Sono
parole che sono una critica al
funzionalismo, alla Chiesa fatta di azioni sociali, ma poco di Parola del
Vangelo vissuta.
Quello
che cerca Benedetto XVI è una fede più divina, non più umana. E questo deve
rispecchiarsi anche nella liturgia. Perché – disse Ratzinger a Notre Dame – “non
facciamo la liturgia da soli. Non stiamo inventando qualcosa come comitati
di partito o presentatori televisivi. Il Signore sta arrivando. La liturgia è cresciuta, da quando Cristo e
gli apostoli, nella fede della Chiesa, noi vi entriamo, non lo facciamo. Solo
così si può parlare di festa e di festa come anticipazione della futura libertà
indispensabile all'uomo. Potremmo anche dire che è dovere della Chiesa
offrirci di vivere questa festa. La
festa è nata nel corso della storia dell'umanità come un evento religioso ed è
impensabile senza la presenza del divino. È qui che trova la sua vera
grandezza, dove Dio diventa veramente nostro ospite e ci invita al suo pasto”.
Viene da pensare a Notre Dame, alla necessità continua di ricordare che si tratta di un edificio di
culto, non di un Museo
come in molti vorrebbero credere. Notre Dame, la cui anima rimase anche
quando la chiesa era abbandonata, trasformata in un tempio della ragione, quasi
demolita. Eppure risorta, grazie a un geniale architetto, Viollet le Duc, e a un opera immortale, Notre Dame de Paris di Victor
Hugo.
Notre Dame non è risorta perché è un capolavoro
architettonico, ma perché la sua anima era sempre lì, intatta. Una
anima che ha permesso anche di ritrovare intatte le reliquie dopo l’incendio,
e persino di trovare un
modo di ricostruire l’antichissimo orologio della cattedrale.
Anche la radio
della diocesi di Parigi ha il nome di Notre Dame. Il Cardinale Ratzinger
viene intervistato da quella radio il 6 novembre 1992, dopo essere stato a
tenere una conferenza all’Accademia di
Scienze Morali e Politiche. L’intervista, trasmessa il 12 novembre 1992,
racconta un altro pezzo di Benedetto XVI come spesso non lo (ri)conosciamo. Già
il titolo dell’articolo di riassunto è indicativo: “Una
immagine non conforme”.
Scrivono
i redattori: “Si dice che sia rigido, ma
accetta le domande con molta delicatezza. È responsabile della
dottrina della Chiesa, ma parla solo di fede. Il cardinale Ratzinger
confonde chi lo incontra: l'immagine non
corrisponde al personaggio”.
Ma è la
continuazione dell’articolo a colpire: “La
sua funzione di prefetto della Congregazione per la dottrina della fede
suggerisce che egli è unicamente il guardiano della rettitudine del pensiero
cattolico. Ma si definisce più come il difensore della fede dei poveri
e dei deboli. ‘Solo una certa
classe sociale’, dice, ‘ha accesso agli strumenti di
comunicazione. Non tutti i cristiani hanno questa possibilità di farsi
ascoltare: i semplici cristiani che
amano la Chiesa e che vivono il Mistero non hanno accesso a questi strumenti di
comunicazione. La congregazione è la voce di queste persone ‘.”
Il
ruolo di “guardiano della fede” non è un
ruolo di potere o di censura. Certo, ammette Ratzinger a volte c’è una
forma di censura, quando la Congregazione deve “dire, ad esempio, che un
pensiero non è più una riflessione sulla fede ma una filosofia specifica,
incompatibile con la fede. È davvero una forma di censura ... Ognuno può pensare liberamente ciò che
vuole, ma nessuno può affermare che questo pensiero deve essere la fede della
Chiesa”.
Ma il
punto centrale è che il lavoro del prefetto
è un lavoro per i poveri. Non è un guardiano della dottrina, ma un
difensore della fede dei semplici. Tutto questo rovescia completamente i
paradigmi. Ma li rovescia perché Benedetto XVI vive in maniera rovesciata
rispetto il mondo, che è poi invece il
modo cattolico di vedere le cose.
In
quella intervista del 1992, Ratzinger
sottolinea che la Congregazione lavora anche per l’unità della Chiesa. Ma
questa “si può realizzare solo intorno al contenuto di Dio, e non dato da noi”.
E
ancora. il Catechismo della Chiesa
Cattolica “non è un manuale morale”, perché il cristianesimo “non è un
moralismo, ma un dono, un incontro un evento”, è “Dio che c parla, che prende
l’iniziativa, che dà la grazia di rispondere e la luce per assumersi le nostre
responsabilità”.
Ratzinger affrontava anche il
problema di un altro documento della Congregazione, Su
alcuni aspetti della Chiesa intesa come comunione, accolto male perché
considerato un ostacolo all’ecumenismo. Una lettura “un po’ superficiale”,
commentava il Cardinale Ratzinger, frutto di una incomprensione che lui faceva
risalire proprio ad una visione distorta
della natura della Chiesa, perché “noi vediamo la Chiesa come
un'associazione unicamente umana. La Chiesa è un dono di Dio, una
comunione nel mistero ”.
Se non
vediamo Benedetto XVI da questa
prospettiva, non comprendiamo nemmeno a fondo il suo pontificato. Lo
rendiamo un pontificato politico, ne pieghiamo il senso alla nostra lettura
della storia. Ma il bello di Benedetto XVI è che lui non ha cercato di piegare
tutto al suo modo di leggere la storia. Ha
semplicemente cercato di vivere la fede.
Oggi, a
94 anni, Benedetto XVI è più vivo che
mai. Il suo pensiero è sempre da scoprire perché si basa proprio su Dio, che è
sorgente inesauribile. Non può essere incasellato in nessuna corrente. Resta lì, a 94 anni, e resterà sempre.
Come
resterà il cuore di Notre Dame, la cattedrale di Parigi che non ha perso la sua
anima. E che non la perderebbe nemmeno
se fosse rasa al suolo.
Ad multos annos, Benedetto XVI
Nessun commento:
Posta un commento