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venerdì 6 gennaio 2023

Benedetto XVI, il suo sguardo verso il futuro*

L’anniversario della storica rinuncia di Benedetto XVI è stato messo in secondo piano dalle accuse di non aver gestito bene dei casi di abuso nell’arcidiocesi di Monaco e Frisinga, di cui era stato arcivescovo dal 1977 al 1983. E così, Benedetto XVI, dopo  aver già dato una risposta di 82 pagine, aiutato da una serie di legali, ha dato ulteriori chiarimenti, ha fatto pubblicare una confutazione delle accuse da parte dei suoi legali, e ha – soprattutto – voluto scrivere una lettera personale.

È in quella lettera che si trova condensato tutto il pensiero di Benedetto XVI. Benedetto XVI, in quella lettera, si è comportato da Papa. Ha rivendicato la veridicità delle sue affermazioni, ma non ha cercato scuse per la piaga degli abusi nella Chiesa. Anzi, ha richiesto perdono, ha guardato alla questione degli abusi nella Chiesa in maniera più ampia, come è suo solito.

 

Scrive Benedetto XVI: “Preghiamo il Dio vivente pubblicamente di perdonare la nostra colpa, la nostra grande e grandissima colpa. È chiaro che la parola ‘grandissima’ non si riferisce allo stesso modo a ogni giorno, a ogni singolo giorno. Ma ogni giorno mi domanda se anche oggi io non debba parlare di grandissima colpa. E mi dice in modo consolante che per quanto grande possa essere oggi la mia colpa, il Signore mi perdona, se con sincerità mi lascio scrutare da Lui e sono realmente disposto al cambiamento di me stesso”.

 

Sono le parole di chi non cerca una facile autogiustificazione. Sono soprattutto parole con le quali Benedetto XVI dimostra il coraggio di prendersi carico di tutte le responsabilità, di essere parte della comunità della Chiesa anche soffrendo per il peccato dei suoi membri. Si crede insieme, si soffre insieme, ci si redime insieme, dice Benedetto XVI. Nelle sue parole, la Chiesa diventa davvero una comunità dei credenti.

 

Non c’è personalismo in Benedetto XVI. Non che sia stato un Papa che non abbia preso decisioni. Ma tutte le decisioni che ha preso partivano prima di tutto dalla preghiera, dalla analisi della volontà di Dio. Niente doveva prescindere dal Vangelo. Niente doveva avere in primo piano il suo pensiero personale.

 

Nove anni dopo la sua rinuncia, ci rendiamo conto che il pensiero di Benedetto XVI è stato davvero rivoluzionario. In una epoca di personalismi e individualismi, Benedetto XVI ha provato ad insegnare che la Chiesa non esiste grazie agli individui, ma grazie a Cristo. In una epoca in cui il governo forte sembrava inevitabile, Benedetto XVI ha gestito un pontificato durante il quale ha governato, ma in maniera lieve, sempre guardando prima alle persone e poi alle scelte.

 

La lettera con cui ha accompagnato la sua risposta al tema degli abusi non sorprende perché Benedetto XVI ha sempre fatto così. Aveva scritto, allo stesso modo, una lettera ai vescovi sulla revoca della scomunica a quattro vescovi lefevbriani. Aveva scritto una lettera ai cattolici di Irlanda, travolti dallo scandalo degli abusi.

 

La radicalità di Benedetto XVI si legge proprio in questo suo essere sacerdote, prima di tutto, e dunque padre. È un uomo libero, perché non è un uomo di potere. Ed è attraverso queste lenti che si deve leggere la rinuncia di nove anni fa.


Una rinuncia che testimonia come Benedetto XVI sia davvero un uomo nuovo. Si parla molto di modernità, e di rendere la Chiesa più moderna, più vicino al sentimento popolare. Ma il punto è che l’uomo nuovo c’è già ed è nato con Gesù Cristo. Qualunque spinta di tipo secolare in realtà non guarda avanti, ma guarda indietro, guarda all’uomo vecchio. All’uomo, in fondo, che non è stato liberato da Cristo.

 

Per questo, Benedetto XVI è davvero il Papa della modernità. Nella biografia di Peter Seewald, Benedetto XVI rispondeva a quanti dicevano che il Papa era stato portato a rinunciare per via di Vatileaks o di pressioni esterne.

 

Benedetto XVI spiegava che ”il raggio di percezione di ciò che un Papa può temere è troppo piccolo”,  e che “la vera minaccia per la Chiesa e quindi per il servizio petrino non sta in queste cose, ma nella dittatura mondiale di ideologie apparentemente umanistiche, contraddicendo le quali si resta esclusi da consenso sociale di fondo”.

 

E aggiungeva:  “Cento anni fa qualcuno avrebbe pensato che fosse assurdo parlare di matrimonio omosessuale. Oggi coloro che si oppongono a questo sono socialmente scomunicati. Lo stesso vale per l’aborto e la produzione di persone in laboratorio. La società moderna è in procinto di formulare un credo anticristiano e se uno vi si oppone viene colpito dalla scomunica”.

 

Concludeva Benedetto XVI: “La paura di questo potere spirituale dell’Anticristo è quindi fin troppo naturale e ci vuole davvero l’aiuto della preghiera della Chiesa universale per resistere”.

 

Le sfide cui guarda Benedetto XVI sono grandi e profonde, e vanno oltre le prospettive nel mondo. È un pensiero attualissimo. E si torna così alla lettera che ha accompagnato la sua risposta al caso degli abusi a Monaco: se ci vuole la preghiera della Chiesa universale per resistere, allora tutti siamo responsabili dei peccati dell’altro. È un pensiero universale.

 

In un periodo di spinte per cambiare la dottrina che vengono anche dagli stessi vescovi (si pensi al Sinodo della Chiesa di Germania), in cui sembra concreta la venuta del Grande Umanista preconizzata da Fulton Sheen (si pensi ai dibattiti sulla Chiesa), questo pensiero, così libero, così cristiano, così avanti, è dirompente. Ovvio che Benedetto XVI diventi un bersaglio. Ma, nella sua risposta, ha dimostrato ancora una volta di essere davvero un “padre”. E sarà riconosciuto, un giorno, tra i padri della Chiesa.


*(articolo pubblicato in inglese su Mondayvatican l'11 febbraio 2022)


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