Eppure, questa riforma della Curia va al di là del tema dell’evangelizzazione, né è semplicemente una mera ristrutturazione degli organismi della Curia romana. È piuttosto un cambio di filosofia nell’organizzazione stessa del lavoro curiale.
La Curia diventa, in qualche modo, un organismo più burocratico. Si perde il senso di istituzioni molto antiche in nome di una migliore funzionalità. Scompaiono del tutto istituzioni come la Camera Apostolica, che coadiuvava il Camerlengo nella gestione della Sede vacante.
Il primo dettaglio importante è quello che la Segreteria di Stato assume il ruolo di Segreteria papale. Non è davvero una novità. Già quando si discuteva la Pastor Bonus, la cui stesura durò diversi anni, si pensò a rinominare la Segreteria di Stato come “Segreteria papale” o anche “Segreteria apostolica”.
Si scelse, però, di tenere la vecchia denominazione, anche perché carica di una certa solennità storica. Lo stesso segretario di Stato di allora, il Cardinale Agostino Casaroli, scherzando commentò che la sede del suo dicastero aveva scolpita una “splendida scritta in latino: Secreteria Status. Sarebbe un peccato doverla buttare”.
È il 1967 quando Paolo VI rende la Segreteria di Stato come organismo centrale della Curia romana con la costituzione apostolica Regimini Ecclesiiae Universae.
Ancora in quel tempo, la Segreteria di Stato non si era del tutto ridefinita dal 1870, quando era terminato il potere temporale dei Papi. Così nella Costituzione di Paolo VI la Segreteria di Stato viene descritta anche come Segreteria del Sommo Pontefice, mentre il Codice del 1983 parla anche di Segreteria Papale.
Niente di nuovo, alla fine. In effetti, nemmeno in questo caso il nome “Segreteria di Stato” va perduto. Le funzioni, però, diventano quelle di una Segreteria papale, che prevede anche l’organizzazione di riunioni interdicasteriali. Nella Costituzione, non è prevista la presenza del Papa, che però si può dare per scontato. Ci potrebbero essere, però, riunioni interdicasteriali fatte solo dai dicasteri.
Ma già dal 2020, nell’Annuario Pontificio erano scomparsi il titolo di uditore generale e del collegio dei prelati chierici di Camera. Era un segnale chiaro.
Nella Costituzione Apostolica Praedicate Evangelium, la Camera apostolica non c’è più. Il Cardinale camerlengo (attualmente, il Cardinale Kevin J. Farrell) è coadiuvato da tre cardinali assistenti, di cui uno è il Cardinale coordinatore del Consiglio per l’Economia e gli altri due sono “individuati secondo la modalità prevista dalla normativa circa la vacanza della Sede Apostolica e l’elezione del Romano Pontefice”.
Addio Papa rosso
Fondata nel 1622, la Congregazione de Propaganda Fide, poi denominata Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, aveva una forte autonomia, anche dal punto di vista finanziario, tanto che il suo Prefetto era soprannominato “il Papa rosso”.
Il Papa rosso ora non c’è più. Il dicastero mantiene comunque il compito di spettare alle “provviste”, cioè alle nomine dei vescovi nei territori di missione. Allo stesso modo, mantiene anche la sua autonomia finanziaria, che si pensava fosse a rischio con la nuova centralizzazione degli investimenti. Si legge, infatti, all’articolo 92: “La Congregazione amministra il suo patrimonio e gli altri beni destinati alle missioni mediante un suo speciale ufficio, fermo restando l'obbligo di renderne debito conto alla Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede”.
Allo stesso tempo, però, il Prefetto resta il Papa. Si legge Nell'articolo 55 si legge: "Il Dicastero per l’Evangelizzazione è presieduto direttamente dal Romano Pontefice. Ciascuna delle due Sezioni è retta in suo nome e per sua autorità da un Pro-Prefetto
Si tratta di una modalità che altri Papi hanno usato per guidare la Congregazione per la Dottrina della Fede, in concreto fino al 1968, ritenendo che le questioni di fede - l’integrità della dottrina cattolica sulla fede e la morale - erano centrali anche dall'ottica istituzionale e del governo della Chiesa universale.
La prima, la “sezione per le questioni fondamentali dell’Evangelizzazione nel mondo”, assorbe il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, con tutte le sue funzioni. La seconda sezione è invece la sezione per la Nuova Evangelizzazione e le nuove Chiese particolari, ed è di fatto l’antica Propaganda Fide.
La Dottrina della Fede
Che il Papa considerasse la questione dell’evangelizzazione primaria si poteva notare già dalla riforma della Congregazione della Dottrina della Fede, ora inglobata nella Praedicate Evangelium. La divisione, infatti, in due sezioni – disciplinare e dottrinale – fa una netta separazione tra le questioni di disciplina e quelle di fede. Prima, l’idea di fondo era che anche i delitti come gli abusi sui minori erano prima di tutto delitti contro la fede. Ora, questa separazione di fatto mette la dottrina della fede in un piano secondario, secondo l’idea della Chiesa in uscita di Papa Francesco, ma mette anche le questioni disciplinari al primo posto. Come se si dovesse prima di tutto chiarire tutto ciò che fa ombra all’esercizio dell’evangelizzazione.
Anche l'inclusione della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori nel dicastero può essere letta in questi termini.
Esiste ancora una carità del Papa?
L’Elemosineria Apostolica è sempre stata parte della “Famiglia Pontificia”. Infatti, l’Elemosiniere pontificio si aggiunge al corteo che accompagna le visite di Stato al Papa, e siede vicino al Papa durante lo scambio dei discorsi, come il Prefetto della Casa Pontificia. Questo perché l’Elemosiniere era una realtà della carità che emanava direttamente dal Papa, non aveva caratteristica universale.
La caratteristica universale, quella di dicastero, era invece del Pontificio Consiglio Cor Unum, poi accorpato nel dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale. Ora, invece, l’Elemosiniere diventa “Dicastero per il Servizio della Carità”, diventando parte della Curia e, di fatto, uscendo dalla famiglia pontificia.
Non solo in questo modo si tagliano secoli di storia. Si perde anche la peculiarità della carità emanata direttamente dal Papa, che viene sostituita da un organismo curiale. Tra l’altro, tra le prerogative del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale non ci sono accenni alla vecchie competenze di Cor Unum.
Le finanze del Papa
L’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica si definisce sempre più come una sorta di “banca centrale” della Santa Sede. Da notare, l’inserimento di un comitato investimenti, che dovrebbe servire ad evitare errori come quello dell’investimento sul palazzo di lusso a Londra, ora oggetto di processo.
L’APSA, in pratica, coordinerà tutti gli investimenti, e l’Istituto per le Opere di Religione ne diventa il braccio operativo. Un Comitato per gli investimenti, infatti, era già presente dentro l’Istituto per le Opere di Religione. È da vedere se questo continuerà ad operare o meno, o se invece tutte le competenze di investimenti saranno gestite dall’APSA.
Il ruolo dei laici
Non c’è più la distinzione tra Congregazioni e Pontifici Consigli, perché tutto è definito “dicastero”. Resta un aggettivo vago, che si riferisce a un qualunque tipo di ufficio. Si perde, dunque, una ratio precisa di quella che era la Costituzione di Giovanni Paolo II: la collegialità di tutti i capi dicastero con il Papa. Era un tema che lo stesso Giovanni Paolo II affrontò con i cardinali di tutto il mondo riuniti in un concistoro per discutere delle riforme nel 1985.
Il fatto che i capi congregazioni fossero cardinali e i capi dei pontifici consigli fossero almeno arcivescovi rispecchiava l’idea che tutti dovessero avere una forma di collegialità con il Papa. Essendo il Papa vescovo di Roma, serviva dunque almeno una ordinazione episcopale. Essendo le Congregazioni organi di decisioni, serviva essere “principi”, cioè cardinali, praticamente a un livello di decisioni quasi alla pari con quello del Papa.
Tutto questo cade, con il risultato che la figura del Papa diventa ancora più centrale. Tutto si riferisce al Papa, senza ombra di dubbio. Non che il Papa non avesse prima prerogative sovrane. Ma la forma della collegialità era rispettata, e stabiliva un limite. Ora, il solo limite alla collegialità è il Papa stesso.
Lo stesso vale per la decisione che nessuno in ruoli apicali, e nessun chierico, possa essere in Curia per più di due mandati di cinque anni. Un tema che dà due problemi.
Se un laico professionista viene chiamato a guidare un dicastero, su quali basi accetterà un incarico sapendo che è solo di cinque anni, o al massimo dieci? Quali progetti può fare?
E ancora: perché un sacerdote deve considerare come una “missione” quella in Curia se il suo lavoro resta confinato a dieci anni, mentre i laici intorno a lui, che lo considerano più un lavoro, restano per sempre, fino a poter persino pilotare alcune decisioni?
La Messa tradizionale
Una curiosità: al punto 93 della Praedicate Evangelium, nella sezione dedicata al dicastero per il Culto le la Disciplina dei Sacramenti, si legge che: “Il Dicastero si occupa della regolamentazione e della disciplina della Sacra Liturgia per quanto riguarda la forma straordinaria del Rito Romano”.
In realtà, Papa Francesco aveva già chiarito, con la Traditionis Custodes e poi con i responsa sul motu proprio, di non considerare più l’uso antiquor del rito romano come una forma straordinaria. Si è trattato di una distrazione nella stesura del testo? (Sì, ha risposto poi l'arcivescovo Marco Mellino in conferenza stampa, che ha detto che il testo era stato scritto prima della Traditionis Custodes e sarà emendato).
La fine del carrierismo?
Per Papa Francesco, queste scelte riguardano anche un modo di bloccare il carrierismo, evitando le catene di potere che si creavano quando le persone rimanevano a lungo nei dicasteri. Sarà da vedere se i benefici saranno più dei problemi che questa scelta comporterà.
Di fatto, tutto diventa molto burocratico. La riforma cambia poco a livello strutturale, e molti cambiamenti erano già fatti. Cambia, però, la filosofia del lavoro e il senso della Curia.
La Curia è un organismo a servizio della Chiesa che però si centra sul ruolo del Papa. Si perdono alcuni ruoli storici, che avevano il loro senso nel definirne la filosofia. Le decisioni sono più burocratiche, e in ultima istanza è enfatizzato il ruolo del Papa.
Dopo nove anni e 40 riunioni del Consiglio dei Cardinali, ci si trova, dunque, di fronte ad una riforma che rischia ancora di essere emendata, in caso si vorranno recuperare ruoli e competenze.
Ad esempio, la costituzione apre la strada a una guida più laica dei dicasteri. Ma secondo il canone 129 del Codice di Diritto Canonico, sono gli ordini sacri che "sono qualificati... per il potere di governo". Quindi il diritto canonico sarà modificato?
Nella conferenza stampa di presentazione, padre Gianfranco Ghirlanda, S.J., esperto di diritto canonico, ha affrontato la questione del canone 129. Ha affermato che la costituzione prende la decisione che non è l'ordinazione ma la missione canonica che conta.
Dal punto di vista del personale, poi, non ci sarà una reale riduzione: i capi dicastero diventano meno, ma i dipendenti restano gli stessi.
(articolo apparso su CNA in inglese il 21 marzo 2022. Originale qui)
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