“È cominciato con una preghiera, è terminato con un rumore sordo”. Il Los Angeles Times ha dato notizia così dell’abbattimento della statua di San Junipero Serra in un parco di San Francisco la scorsa settimana. I dettagli della cronaca dicono ancora di più. “Dopo che la statua è stata rimossa – si dice – una giovane attivista chiamata Chynna (ha rifiutato di fornire un cognome) ha posto dei frutti sulla base della statua, trasformandolo in un altare informale. Intorno, altri hanno posto fiori sulla forma di bronzo di Serra, che giaceva a faccia in giù sul marciapiede. Un altro gruppo ha disposto una offerta di frutti nel mezzo del parco, a quali altri hanno aggiunto altri oggetti”.
È nata come una giusta protesta contro un razzismo che negli Stati Uniti non è mai venuto meno, è diventata l’occasione per portare avanti un messaggio politico che, come al solito, ha come primo obiettivo la Chiesa cattolica e il suo insegnamento. C’è una sorta di complotto contro la verità e la storia, in favore di una storia nuova che va riscritta per seguire la narrativa corrente.
Lo raccontava George Orwell, in 1984. Ma, quando Orwell lo raccontava, questo già era successo, Pio IX aveva già denunciato che la storia si era tramutata in un “complotto contro la verità”, il Risorgimento italiano, con i suoi miti costruiti a tavolino, aveva già esiliato il Papa, e l’Illuminismo aveva già cominciato a demolire quella che era stata una storia di evangelizzazione, più che di oppressione. Una storia, quella dei missionari in America, che comunque va letta con gli occhi di quel tempo, non con le categorie di oggi.
C’è una verità storica, su Junipero Serra, che Papa Francesco ha sottolineato chiaramente nella Messa di canonizzazione negli Stati Uniti nel 2015: San Junipero “ha cercato di difendere la dignità della comunità indigena, di proteggerla da coloro che la hanno maltrattata e abusata”.
Ci sono prove e controprove che “Junipero Serra fece continuamente pressione alle autorità spagnole per un migliore trattamento delle comunità nativo americane”, avevano sottolineato i vescovi USA nel 2015, quando ci furono pressioni perché la statua di Junipero Serra fosse tolta dalla Sala dei Notabili del Campidoglio. Perché, è bene ricordarlo, quando la California ha dovuto scegliere due tra i personaggi più rappresentativi della sua storia da mettere nella Sala dei Notabili del Campidoglio, scelse proprio lui.
I vescovi aggiunsero che se la sua lotta contro la schiavitù non fosse stata abbastanza per “legittimare una statua pubblica nello Stato che lui ha fatto molto per creare, allora virtualmente ogni figura storica del passato della nostra nazione dovrebbe essere rimossa perché fallirebbe se misurato alla luce degli standard di oggi”.
Dopo gli attacchi alla statua, l’arcivescovo Salvatore Cordileone di San Francisco ha sottolineato che San Junipero Serra ha compiuto “eroici sacrifici per proteggere le popolazioni indigene della California, specialmente dai soldati”, al punto di aver camminato, lui infermo ad una gamba, fino a Città del Messico per ottenere una autorità speciale del vicer+ di Spagna per disciplinare i militari che facevano abusi sugli indigeni”.
Sono tutte reazioni, però, che non vanno al cuore del problema. Non si tratta di ristabilire una verità storica, perché è evidente la volontà di riscrivere la storia. Si tratta, piuttosto, di mostrare quanto sia ridicolo e pericoloso cancellare la storia.
C’è una dittatura del pensiero che non permette di guardare a quanto è successo in maniera serena. Ora, il movimento anti razzismo è arrivato persino a chiedere di rimuovere le immagini di San Michele dalle onorificenze che la regina di Inghilterra assegna tradizionalmente agli ambasciatori, perché San Michele nell’atto che schiaccia Satana ricorda la ormai tristemente nota posizione del poliziotto che opprime John Floyd.
Prima ancora, erano state le statue di Cristoforo Colombo a essere prese di mira, perché avrebbe portato l’oppressione ai nativi americani.
La verità è che il movimento Black Lives Matter, per quanto dia un messaggio importante, nasce e si registra anche con un obiettivo politico, portando avanti una piattaforma di valori che, per diritti delle minoranze, include anche una agenda pro-gender, una agenda descritta a volte come femminista che viene anche usata come campagna anti-cattolica.
Così, alle giuste proteste contro le discriminazioni razziali, vengono legate proteste di altro tipo, e si arriva ad attaccare la Chiesa e gli uomini di Chiesa con una interpretazione distorta della realtà.
Perché la verità è che i cosiddetti conquistadores andarono con l’obiettivo di evangelizzare. Lo raccontano le missioni della California, tutte legate dal cosiddetto camino real, da cui sono nate le città e la struttura dell’attuale California. Missioni nate per aiutare i nativi americani, anche difenderli delle oppressioni locali, dando loro un lavoro, una organizzazione, una lingua.
Lo raccontano, andando in Sudamerica, le reducciones dei gesuiti, che diedero agli indigeni una struttura e una indipendenza che fece così paura a quanti li volevano assoggettare che si arrivò persino a premere per abolire la Compagnia del Gesù.
Lo racconta la stessa storia di Cristoforo Colombo, inviato a navegar hacia ponente dai re cattolici con lo scopo di evangelizzare, come missioni di evangelizzazione erano state le stesse spedizioni nel nuovo mondo. La storica Angela Pellicciari, nel libro Una Storia Unica, traccia, documenti alla mano, un racconto che è depurato dal punto di vista della propaganda anti-cattolica, mettendo in luce che Isabella di Castiglia che lascia scritto nel suo testamento di “non permettere che gli indios siano fatti schiavi e siano derubati dei propri beni. Ordina anche di riparare ai torti che possano avere subito”.
Si tratta di un aspetto poco conosciuto della storia, come poco conosciuto – ma riconosciuto dalla storia – è il fatto che furono i domenicani di Salamanca gli inventori dei diritti umani, applicati proprio per difendere le popolazioni indigene.
Ecco, allora, che gli attacchi alla statua di Junipero Serra si inquadrano in un progetto più ampio di riscrivere la storia, di mettere da parte ogni forma di evangelizzazione cristiana da inquadrare come una forma di oppressione. Si sfrutta anche l’idea di Papa Francesco di una America Latina meticcia, fondata sull’idea che la Vergine di Gudalupe ha proprio questa immagine meticcia.
Ma il concetto di meticciato, in Papa Francesco, è un concetto più politico, un concetto che serve a dare nutrimento all’idea di patria grande dell’America Latina, in cui minoranze e maggioranze, indigeni e non indigeni, possano stare insieme e contribuire a formare il grande sogno bolivariano di un riscatto del continente latino-americano. Era un punto di vista molto chiaro nel Sinodo Speciale per la Regione Pan-Amazzonica e poi nell’esortazione post-sinodale Querida Amazonia che ne è seguita.
La Chiesa, però, è stata silente nel dibattito ampio, mentre risponde alle accuse immediate. Sarebbe stato importante riaffermare la storia, ma anche guardare da una prospettiva più larga. Sarebbe stato importante non appiattirsi sulla questione del razzismo, ma guardare al tema da un punto di vista più ampio. Sarebbe stato importante dare un punto di vista controcorrente che potesse dare una visione di insieme.
C’è una storia vera da raccontare, ma se nessuno la racconta, è molto facile per tutti riscrivere la storia. Si sta già facendo, in molti casi, arrivando a negare le proprie radici. Lo fecero i nazisti togliendo l’immagine del moro dallo stemma della città di Coburg. Lo ha fatto il Real Madrid accettando di togliere la croce dal suo stemma per compiacere allo sponsor arabo. Lo si fa ogni volta che si decide accettare che la storia sia mistificata senza perlomeno far guardare l’altro racconto.
Tornando alla questione della schiavitù, colpisce che la Chiesa non abbia mai spiegato che, sulla schiavitù, non si è mai cambiata opinione, perché mai la schiavitù è stata accettata. Anzi, i movimenti per la liberazione degli schiavi nascono nell’ambito cristiano, e lo testimoniano i santuari dedicati alla Madonna della Libera e anche molte ricerche che guardano alla storia senza pregiudizio e senza leggere le cose con gli occhi di oggi.
Colpisce davvero, in tutto questo, il silenzio della Chiesa. Un silenzio rotto da alcune voci, che restano sempre poche. Il Pontificio Comitato di Scienze Storiche, per esempio, in un periodo di grande rivalutazione di Lutero per il Cinquecentenario della Riforma, promosse un convegno per dire che no, Lutero non era arrivato in un mondo che andava capovolto, ma che in realtà la Chiesa aveva già cominciato una sua riforma interna.
Sono, però, casi isolati, messi a tacere o attaccati in nome del politicamente corretto. La Chiesa non può avere voce. La Chiesa non può avere storia. La Chiesa deve essere messa da parte.
L’abbattimento della statua di Junipero Serra rappresenta un campanello d’allarme da non sottovalutare. Il fatto che su questa statua rovesciata si sia poi tenuto una sorta di rituale pagano per la terra mostra come, anche simbolicamente, si voglia tornare a un mondo pre-cristiano.
Era un mondo in cui l’uomo era individuo, e l’uomo era sottomesso. Un mondo in cui non c’era la straordinaria libertà data dal cristianesimo, che guarda alle cose di lassù, e che per questo può essere sottomesso, ma resta libero interiormente illuminato dalla luce del Vangelo.
Il cristianesimo ha creato una comunità di persone consapevoli della loro dignità, capaci di fare obiezione di coscienza, di opporsi al potere costituito con la sola forza della fede e della solidarietà. Non rivoluzionari terreni, ma rivoluzionari spirituali che, per questo, rovesciano il mondo.
È probabilmente questo che fa paura. Ma il problema sta anche nei cristiani stessi, che credono alla propaganda, che non si fanno le domande e che dunque sono in balia del pensiero secolare. Il problema sono i cristiani che non si rendono conto che questo appiattimento al pensiero unico equivale a un ritorno nelle catacombe, al ritorno alla paura di parlare pubblicamente, con la differenza che nelle catacombe oggi non si starebbe a celebrare l’eucarestia, ma ci si starebbe probabilmente chiedendo se questa eucarestia non rappresenti un simbolo di oppressione.
C’è silenzio, nella comunicazione della Chiesa, resta una storia nascosta dei cristiani che i media non raccontano, o raccontano in maniera completamente stravolta. C’è stato silenzio, in Italia, sulla storia dell’abbattimento delle statue, perché forse questo viene interpretato come un fatto marginale che riguarda solo gli Stati Uniti. Ma non è così. È parte di un movimento ampio, che la Chiesa non potrà contrastare se non rilancia davvero una cultura in grado di aiutare a comprendere e di rimettere insieme i pezzi di una storia interrotta e negata come viene negato il cristianesimo.
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