(Il brano può essere ascoltato cliccando in fondo. La lettura è di Alberto Lori)
Non è l’inizio di un nuovo mondo. È il centro del mondo. La Resurrezione di Gesù, quel sepolcro vuoto annunciato alle donne, proclamato dagli apostoli, portato in tutto il mondo per opera dello Spirito Santo che arriva in Pentecoste, è una notizia che cambia tutte le prospettive della storia. Costringe a ripensare tutte le categorie con le quali si erano letti il mondo e la Rivelazione fino a quel momento.
Non è l’inizio di un nuovo mondo. È il centro del mondo. La Resurrezione di Gesù, quel sepolcro vuoto annunciato alle donne, proclamato dagli apostoli, portato in tutto il mondo per opera dello Spirito Santo che arriva in Pentecoste, è una notizia che cambia tutte le prospettive della storia. Costringe a ripensare tutte le categorie con le quali si erano letti il mondo e la Rivelazione fino a quel momento.
La Resurrezione è qualcosa di completamente nuovo – racconta Benedetto XVI nel suo secondo volume del Gesù di Nazaret – che pone gli apostoli di fronte ad una situazione del tutto inaspettata. Ci vuole tempo per orientarsi. Tempo per capire. Perché si credeva che il Messia avrebbe portato un mondo nuovo. Che l’arrivo del Messia sarebbe stata la fine del mondo vecchio e l’inizio del nuovo. Nessuno aveva pensato ad una, scrive Ratzinger, “resurrezione verso una condizione definitiva e differente, nel bel mezzo del mondo vecchio che continua ad esistere”.
C’è di più: nessuno aveva mai pensato ad un Messia crocifisso. Eppure, il fatto era lì, concreto. Così concreto che dopo la Resurrezione, Gesù mangia con gli apostoli, si fa toccare il costato da Tommaso, si rivela ai discepoli d Emmaus. Dà, insomma, costanti prove che tutto è vero, tutto è successo, tutto è compiuto. Eppure, la storia non è finita, la resurrezione non certifica la fine del mondo. Perché Cristo non è la fine della storia, ma il centro della storia.
E si tratta, allora, di andare a riguardare le scritture, le profezie. Di leggere a ritroso la storia della Rivelazione, per andare a vedere lì dove il Messia è stato annunciato proprio così, e non è stato capito. Fino all’arrivo di Gesù, le parole della Scrittura sono “come vagabonde”, dice ancora Benedetto XVI, con una felice espressione.
La Resurrezione rappresenta anche una lezione per noi giornalisti, e in particolare per quanti di noi si occupano di informazione religiosa. Quante volte siamo tentati di interpretare tutto come la fine del mondo o l’inizio di un mondo nuovo? Quante volte una notizia deve rappresentare per forza una cesura, un atto sensazione, un qualcosa slegato dalla storia?
La Resurrezione ci racconta che il nostro lavoro è, piuttosto, quello di trovare i contesti ai fatti e di riconoscere i fatti per quello che sono. La Resurrezione ci sprona ad avere il coraggio di cambiare il punto di vista di fronte ad un fatto inaspettato, che spesso appare senza rumore e senza clamore.
Il sepolcro, in fondo, si svuota di notte, con le guardie addormentate perché erano lì a sincerarsi che Gesù non uscisse dalla tomba, ma nemmeno loro ci credevano davvero.
Come la Resurrezione, le vere notizie si fanno spazio tra le pieghe di una umanità addormentata. Sono rivoluzioni silenziose, che cambiano i punti di vista senza però sconvolgere niente. Si tratta di mondi nuovi che hanno le loro radici ben piantate nei mondi vecchi. Niente accade per caso o dal nulla. Tutto è collegato.
Vale per tutte le cose. Vale, soprattutto, quando ci troviamo a raccontare la Chiesa. Perché, in fondo, nella storia della Chiesa è tutto una continua Resurrezione, un continuo interpretare i segni dei tempi. La Chiesa ha continue novità. Eppure, tutto resta parte di un percorso, che a volte può sembrare incoerente, perché a volte alle conclusioni ci si arriva attraverso gli accidenti della storia. Ma è un percorso netto, pieno di novità. Perché Cristo non è la fine della storia. È il centro della storia.
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