Processo Palazzo di Londra

venerdì 24 gennaio 2025

Dieci caratteristiche cattoliche per un giornalista cattolico

Esiste un giornalismo cattolico? E cosa significa essere giornalisti cattolici?

Non sono domande scontate, né banali, e assumono tra l’altro un significato diverso oggi rispetto a tanti anni fa. Perché le pubblicazioni che si autodefiniscono cattoliche, oggi, sono tantissime. Perché ormai non serve molto per inserirsi nel panorama dell’informazione. Perché sempre più il giornalismo si confonde con il mondo dei blog, e i blog con il giornalismo, e non è più necessario un piano industriale, una visione, un investimento reale per poter avere una testata e scrivere.


Mentre, tra un secolo e un secolo e mezzo, fa nascevano pubblicazioni che ancora fanno la storia – pensiamo a tutta la famiglia Paolina e alla straordinaria intuizione di don Giacomo Alberione in Italia, al Regno che ha appena compiuto 70 anni ed è stato omaggiato da una lettera del Papa, ma anche al National Catholic Register, al National Catholic Reporter e a Commonweal negli Stati Uniti, al The Tablet nel Regno Unito, a La Croix in Francia, tanto per fare alcuni nomi –, oggi ci si trova di fronte a una totale personalizzazione del giornalismo cosiddetto cattolico (alcune storie le trovate qui: https://www.acistampa.com/tag/media-cattolici)

 

Ci sono cattolici giornalisti che scrivono per media secolari, e che utilizzano il web e le possibilità date dal web per portare il loro punto di vista. Ci giornalisti cattolici che vivono solo nel mondo mediatico. Ci sono presunti cattolici che usano le possibilità date dallo spazio web per mostrare un attaccamento alla Chiesa che in realtà serve solo per mascherare i loro reali interessi.

 

Non tutto quello che leggiamo oggi può fare la storia, perché è figlio del momento, ed ha un senso fugace. Non tutti quelli che scrivono sono giornalisti, perché non basta scrivere le notizie per essere giornalisti. Non tutti quelli che sono giornalisti alla fine riescono davvero a vivere la professione.

 

Poi guardiamo all’esempio di San Francesco di Sales, che festeggiamo oggi come patrono dei giornalisti, e ci rendiamo conto che, alla fine, il modello sarebbe quello dell’evangelizzazione.

 

San Francesco di Sales è stato infatti proclamato patrono di “tutti quei cattolici che, con la pubblicazione o di giornali o di altri scritti, illustrano, promuovono e difendono la dottrina cristiana”, come scrisse Pio XII nell’enciclica Rerum Omnium Perturbationem dedicata proprio al santo. E lo divenne per via di quella sorta di free press ante-litteram, ovvero quei foglietti che usava distribuire per spiegare in parole semplici la fede cristiana.

 

In effetti, questa idea dell’evangelizzazione è alla base del lavoro di tutti i santi giornalisti. Qualche anno fa, dedicai una serie a quattro di loro (la trovate qui: https://www.acistampa.com/tag/santi-giornalisti), trovando il fuoco della fede nelle parole di San Massimiliano Kolbe, nella vita di Tito Brandsma, e nelle parole di Lolo – un suo articolo di giornale divenne persino parte dell’ufficio dele letture.

 

Anche don Giacomo Alberione, nel pensare alle edizioni San Paolo, partì dall’idea che “se San Paolo fosse vissuto oggi, avrebbe fatto il giornalista”.

 

Tuttavia, è necessario trovare un equilibrio. La domanda di fondo è: si può evangelizzare facendo informazione? E in che modo?

 

Personalmente, io credo che ci siano alcune caratteristiche specifiche per un giornalista che si vuole definire cattolico. Sono caratteristiche “cattoliche”, ciò che valgono sempre e in ogni luogo.

 

Eccole.

 

1.     Il giornalista cattolico cerca di andare in profondità. Non può solo dare una notizia, deve cercare di spiegarla. È chiamato anche a considerare l’umanità di chi è coinvolto. Non giudicare, non giustificare, ma considerare.

2.     Il giornalista cattolico deve avere umiltà epistemologica. Deve essere in grado di mettersi dall’altro punto di vista, perché questo significa sapere amare chi si ha di fronte o chi si sta raccontando. Ancora una volta: amare non significa giustificare, ma significa comprendere. E non basta comprendere se non si lascia comprendere.

3.     Il giornalista cattolico guarda alla qualità del suo lavoro, e lascia parlare solo quella. Non si contrappone ad altri, e non denigra il lavoro degli altri. Il suo punto di riferimento principale è la coscienza cristiana ben formata. Ascolta le critiche, le sa accogliere. Non muove critiche senza argomentare, e non entra mai nel personale.

4.     Il giornalista cattolico accetta la possibilità sua e degli altri dell’errore. Riconosce quando un errore va situato in un contesto specifico, e quando invece è cronico.

5.     Il giornalista cattolico ama la Chiesa. Significa che non si tira indietro se deve mettere in luce le cose che non funzionano tra gli uomini di Chiesa, ma lo fa non per denuncia, ma per amore di verità. Significa anche che il giornalista cattolico è chiamato a cercare di conoscere e spiegare la Chiesa.

6.     Il giornalista cattolico non crea narrativa. Racconta (prova a raccontare) la realtà. Non cerca di cambiare i punti di vista, ma cerca di dare un punto di vista.

7.     Il giornalista cattolico parte dalla consapevolezza dei suoi limiti, a partire dal fatto che non esiste, in fondo, un giornalismo completamente oggettivo. Il giornalismo significa raccontare, e il racconto è sempre un punto di vista. Questo riporta al punto 1: considerare, sempre. Considerare anche la possibilità di errore.

8.     Il giornalista cattolico lavora sul linguaggio, e cerca di renderlo preciso, attento, rispettoso dell’altro e della storia.

9.     Il giornalista cattolico non è un attivista. Non fa campagne. Non è un ideologo. Non pontifica.

10.  Il giornalista cattolico sa che l’essere cattolici è un percorso, lungo, tortuoso, difficile. Non può essere moralista, perché nessuno è esente dal peccato.

 

Queste dieci caratteristiche possono, ovviamente, anche portare all’evangelizzazione attraverso l’informazione. E però sono soprattutto la descrizione di un modus vivendi, per quanto consideri l’imperfezione di tutti. Sono un modus vivendi sempre più necessario oggi in cui ai grandi media si preferisce la comunicazione personalizzata, quando i punti di vista si polarizzano in una informazione sempre più parcellizzata, quando gli ideologi e i polemisti fanno più presa delle informazioni serie e circostanziate, ma di certo meno attraenti per un pubblico vasto.

 

Ma – ed è questo il punto – sono caratteristiche che possono essere anche dei giornalisti non cattolici. Forse, in un momento di grande pervasività dell’informazione, la vera rivoluzione sta in un lavoro analitico, non urlato, non contrapposto, e capace di raccontare il vero e il bello di ogni situazione. Un giornalismo che sia anche cultura.

 

Non è sempre facile, e si può fallire facilmente. Ma è giusto provarci, come già in molti fanno.

 

Auguri giornalisti! Buon San Francesco di Sales!

 

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