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sabato 31 luglio 2021

Dai martiri di ieri ai martiri di oggi: ecco come Budapest si prepara al Congresso Eucaristico Internazionale

Mio articolo per la KAI, uscito in polacco lo scorso 27 luglio (qui l'originale), pubblicato qui in italiano.

 “Più studiavo la storia di coloro che avevano organizzato il Congresso Eucaristico Internazionale del 1938, più scoprivo che tutti erano stati uccisi o erano stati in qualche modo martiri. E ho compreso poi che c’è un’altra forma di martirio: quella di coloro che oggi si dicono cristiani”. Tünde Zsuffa, scrittrice, è la portavoce del Congresso Eucaristico Internazionale di Budapest. Ha esperienza nella comunicazione istituzionale, ma la sua prima occupazione è quella di scrivere, privilegiando proprio il racconto storico. Ha dedicato due opere radiofoniche al Congresso Eucaristico Internazionale del 1938. E sa mettere insieme i fili della storia, collegare passato e presente.

Il Congresso Eucaristico Internazionale che verrà, per la Chiesa che è in Ungheria, non può che essere la naturale prosecuzione di quello del 1938. L’inno è sempre quello, perché – spiegano – “era così bello che non aveva senso cambiarlo”. E il luogo della Messa finale è lo stesso: Piazza degli Eroi, lì dove sono rappresentati i sette capi tribù che diedero vita allo Stato magiaro, e c’è un monumento al milite ignoto. Nel 1938, fu il Cardinale EugenioPacelli, allora Segretario di Stato vaticano, a presiedere la Messa conclusiva: l’altare fu collocato sulla sommità delle sette statue, in posizione altissima. Non sarà così per Papa Francesco, il cui altare sarà appena sopra il livello del monumento al milite ignoto, molto più in basso.

La partecipazione, però, sarà importante, nonostante la pandemia. Budapest è una città in cui si sente un certo ottimismo. Da poco, una volta raggiunta la quota del 60 per cento di persone vaccinate, sono state tolte tutte le restrizioni. Si va nei locali, nei bus, nei luoghi aperti e chiusi senza mascherina. Non tutte le attività hanno riaperto, e l’economia ancora risente della crisi del coronavirus. Ma si guarda avanti.

In un mondo in cui l’Ungheria viene spesso attaccata per ragioni politiche, il Congresso Eucaristico Internazionale è la grande occasione per mostrare il vero volto della nazione magiara. Non che si tratti di un evento che possa avere colorazioni di tipo politico. Tutt’altro, e questo il Cardinale Péter Erdő, arcivescovo di Esztergom-Budapest lo ha messo bene in chiaro in più occasioni: “Il Congresso Eucaristico Internazionale non è un evento politico”.

Lo dimostra la preparazione che è stata fatta finora. Sono stati stampati dei santini con la preghiera del Congresso del 1938, preghiera tradotta in 16 lingue, e c’è poi un’altra preghiera, composta per il Congresso Eucaristico 2020. Il centro di tutto, però, è la croce missionaria, preparata nel 2007 da un artista ungherese nel quadro della grande missione delle città europee e portata nelle missioni nelle grandi città. Prima della pandemia, la croce aveva cominciato a peregrinare ovunque, dopo che vi erano state incastonate le reliquie di santi antichi e recenti di Ungheria, e non solo di nazionalità ungherese – c’era per esempio  San Gerardo Sagredo, patrono di Budapest, che era originario di Venezia, ma pure Santa Edvige di Polonia.

Tutto è stato organizzato in chiave missionaria. C’è una fede profonda in Ungheria, che si sente in ogni angolo. Si sente nella chiesa dei Francescani dedicata a San Pietro di Alcantara, dove la Messa viene celebrata ogni ora, ed è molto partecipata. Si nota nella chiesa dell’Assunta, la più antica parrocchia della zona di Pest, che risale a 1000 anni fa, e che fu persino usata come una moschea durante la dominazione ottomana. Si respira, nella chiesa dell’Assunta, la storia della cristianità di Budapest che non solo non è morta, ma si mantiene viva.

Quella fede profonda colpì profondamente il Cardinale Pacelli. Il quale salì al castello di Buda per vedere la corona di re Stefano, e per mettersi in preghiera davanti a quella reliquia. Un segno di rispetto per l’Ungheria, per la sua storia e per la sua fede, che si era resa visibile nella veglia prima della fine del Congresso del 1938, quando in 100 mila uomini si inginocchiarono in adorazione in quella stessa piazza degli Eroi.

A confessare, in piazza degli Eroi, c’era anche il Cardinale József Mindszenty. “In quel tempo – racconta Gergely Kovacs, vicepostulatore della causa di canonizzazione – non era nemmeno vescovo, ma era già stato arrestato una volta, dai comunisti di Bela Kun. Ci sono otto luoghi a Budapest legati al Congresso Eucaristico Internazionale e al Cardinale Mindszenty.”

Per preparare il Congresso, il 52esimo della storia, Tünde Zsuffa ha scelto 52 testimoni, provenienti dal mondo dello spettacolo, della medicina, dell’arte. Personalità eterogenee, che dimostrano come la fede, in Ungheria, sia ancora sentita ad ogni livello della popolazione.

Tra loro, il neurochirurgo András Csókay, divenuto famoso in tutto il mondo per aver effettuato nel 2019 una operazione di 30 ore per separare due gemelli siamesi uniti dalla parte del cranio. “Ha raccontato – dice Zsuffa – che nessuno voleva fare quella operazione, ma lui, oltre che basarsi sulle sue conoscenze scientifiche, chiese preghiere. E sostiene in ogni incontro che è convinto che quelle preghiere abbiano contribuito alla riuscita dell’operazione. Una affermazione, questa, che crea scandalo nella comunità scientifica, che non ammette che anche la fede può avere un impatto sulle opere rette solo dalla ragione.

Un altro dei testimonial, molto noto in Ungheria, è l’attore Attila Dolhai. Lui racconta di aver ricevuto la chiamata ad essere testimonial del Congresso Eucaristico Internazionale quattro giorni prima di un intervento chirurgico che aveva un alto rischio, e che – in caso fosse fallito – avrebbe messo fine alla sua carriera. La telefonata di Zsuffa è stata vissuta dall’attore come “la conferma che Dio era al suo fianco e si prendeva cura di lui”.

Eppure – racconta Zsuffa – “proprio questa sua testimonianza gli aliena in qualche modo l’opinione pubblica, lo rende diverso, marginalizzato”.

Se nel 1938 i martiri erano coloro che prima avevano dovuto affrontare il comunismo di Bela Kun e che avrebbero poi affrontato la guerra, l’occupazione nazista e il dominio sovietico, i martiri di oggi sono invece coloro che, pure affermati nella società civile, non possono dire che la fede ha un posto speciale nella loro vita se non al prezzo di essere marginalizzati e derisi.

“È in questo che io vedo una continuità”, dice Zsuffa. La quale aveva anche trovato una anziana signora di 102 anni, che aveva partecipato al Congresso Eucaristico Internazionale del 1938. La ha intervistata, incontrata, e ha raccontato la sua storia. La donna diceva che sarebbe stata una grazia se avesse potuto vedere un altro miracolo come quello del Congresso del 1938. E lo avrebbe visto se il Congresso avesse avuto luogo nel 2020, come previsto.

Il rinvio dovuto alla pandemia ha reso tutto più difficile. Il fatto che la stessa signora si sia ammalata e poi morta di COVID 19 lo ha reso del tutto impossibile. “Ho inserito la sua storia nell’ultimo racconto radiofonico, molte delle cose che vengono descritte sono le memorie di questa donna. Quando si è ammalata, ha detto di aver capito che i miracoli nella vita si vedono una volta sola. Per questo ho inserito la sua storia. E così, anche la pandemia è entrata, in qualche modo, nella storia del Congresso Eucaristico Internazionale”, dice Zsuffa.

Questa è la storia che accoglie Papa Francesco, il quale a Budapest sarà solamente a piazza degli Eroi, e avrà tutti gli incontri istituzionali nel Museo delle Belle Arti che è su uno dei lati della piazza. Ma, oltre al peso della storia, Papa Francesco si ritrova a concludere un Congresso che sarà particolarmente denso e ricco di avvenimenti.

Tra questi, una mostra sui cristiani perseguitati, organizzata con l’ausilio del sottosegretariato per i Cristiani perseguitati che, attraverso il programma Hungary Helps, ha inviato aiuti a tutte le minoranze cristiane del Medio Oriente. Ma anche un grande congresso teologico che precederà il Congresso. E quindi, una serie di eventi ecumenici, che culmineranno nel discorso del Patriarca Bartolomeo davanti al Parlamento, il sabato prima dell’arrivo del Papa, prima della messa celebrata dal Cardinale Erdő.

Il mondo si accorgerà del vero volto dell’Ungheria? E il Papa se ne accorgerà? È quello che gli ungheresi sperano, consapevoli che il lavoro di preparazione è stato lungo e intenso. C’è molto, in questo Congresso, del modo in cui la Chiesa di Ungheria vuole presentarsi al mondo.

Intervenendo lo scorso novembre a un podcast del Congresso Eucaristico Internazionale, il Cardinale Erdő ha invitato a fondare tutto sulla centralità dell’amore"Non siano solo i nostri desideri – ha detto - a dirci che cosa è buono per noi. Dio creò l’uomo e il mondo con i suoi principi che ci mostrano che cosa è per il bene dell’uomo e che cosa è che lo distrugge. Volere il vero bene dell’uomo, questo è l’amore".

L’idea è chiara: a partire dall’Eucarestia, deve nascere una nuova civiltà dell’amore. E chissà che non riesca a nascere proprio a Budapest.

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