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lunedì 24 gennaio 2022

Il giornalismo e la lezione di San Francesco di Sales

Erano in pochissimi, a Ginevra, ad ascoltare a Francesco di Sales nella chiesa di Sant’Ippolito, appena dopo il culto protestante. Eppure, Francesco di Sales continuava con zelo apostolico, con forza, con coraggio e spinto da un autentico fervore missionario. Tanto che gli viene proposto, da un pio signore, di stampare le sue omelie. Detto, fatto: Francesco di Sales le porta Chambery, poi a Tonon, le fa scivolare sotto le porte di cattolici e protestanti.

San Francesco di Sales è il patrono dei giornalisti, e lo è proprio per questo sistema di comunicazione, che oggi chiameremmo di free press. Ma è stato anche quello che ha ispirato a San Giovanni Bosco il metodo dell’educazione integrale, è stato anche colui che ha attuato un nuovo modello missionario. Non si può non pensare a San Francesco di Sales, oggi, quando si pensa al lavoro dei giornalisti.

Quello che colpisce anche me, ogni volta che vado a rileggere la sua storia, è che l’uditorio di San Francesco di Sales era davvero esiguo. Erano in pochissimi ad ascoltarlo, e ancora meno a voler mettere in pratica la radicalità della proposta cristiana che lui delineava in una città ormai presa dalla predicazione protestante di Calvino.

Eppure, San Francesco di Sales non si dà per vinto. Continua a parlare secondo verità, secondo ciò di cui lui è convinto perché radicato nella sua fede, ma anche perché lo sa declinare con la ragione. Aveva studiato bene, si era fatto le domande sul mondo, si era dato le risposte. Ed era questo probabilmente il motivo per cui era certo di quello che stava dicendo: perché sapeva già come rispondere alle domande che gli sarebbero state poste, sapeva già come affrontare le crisi degli altri che erano già state sue.

Rivedo, in San Francesco di Sales, molto di quello che può essere un giornalista oggi. Proviamo a fare un gioco di ruolo, a mettere le cose in contesto. La riforma protestante è, in fondo, la rivoluzione dei media. Sempre più veloci, sempre più pervasivi, sempre più dominati dalle logiche del mercato, i media oggi non hanno nemmeno il tempo di proporre una riflessione, ma viaggiano sulla scia di notizie preconfezionate cui adattano il commento secondo il loro punto di vista.

Le necessità del mercato portano alla polarizzazione, alla necessità di essere diversi a tutti i costi. I protestanti erano prima di tutto “contro” i cattolici, si espandevano per contrasto. Ma i media di oggi sono una moltiplicazione di riforme protestanti. Sono tanti, tantissimi e tutti ragionano prima di tutto per contrasto, per mostrarsi differenti. È una logica cui è difficile sfuggire.

Perché il rischio di fare analisi, di non prendere la posizione del mainstream, di non contrapporsi ma proporsi è quello di San Francesco di Sales. Ovvero, di rimanere con pochissima audience, perché in pochi sapranno riconoscere le parole nel rumore, e perché non riuscire a farsi sentire o vedere, indipendentemente da quello che si dice, è uno dei mali principali in un mondo in cui tutti urlano e cercano di farsi vedere.

Eppure, San Francesco di Sales insegna che c’è ancora spazio per un giornalismo diverso. Un giornalismo capace di raccontare storie senza necessariamente poi diventare parte in causa. Un giornalismo che sappia fare un passo indietro. Un giornalismo, soprattutto, che non si senta, né si atteggi, come un “quarto potere”, con l’idea di voler indirizzare l’opinione pubblica indipendentemente dai fatti.

 

Perché è pieno di opinionisti, ma ci sono pochi analisti. Perché l’idea è quella o di fare cose troppo bevi per avere una profondità, o troppo tagliate in un certo modo per poter avere il nerbo necessario.

Lo spazio per qualcosa di diverso, però, c’è. Lo dimostra il fatto che i media puntano sempre di più alle cosiddette long-read (letture lunghe, chissà mai perché si usa il termine inglese anche in italiano), a moltiplicare le testate interne in modo da avere tanti piccoli territori di specializzazione, ad offrire un prodotto che soddisfi la curiosità e l’intelligenza del lettore, e non la pancia.

La storia di San Francesco di Sales dice ai giornalisti che si può essere controcorrente solo per amore della verità, e non tanto per risultare differenti, e che sarà proprio questo amore della verità a conquistare le persone. Certo, ci vuole tecnica, ci vuole stile, ma ci vuole soprattutto sostanza, ed è quella che non mancava a San Francesco di Sales.

Ma la vita del santo ci dice anche un’altra cosa. Che l’audience si deve creare, perché si devono prima di tutto educare le persone a guardare oltre i rumori e ciò che ci viene presentato. È un modello di educazione integrale che non a caso sarà preso a modello da San Giovanni Bosco.

Perché il problema, alla fine, non è comunicare, ma saper ascoltare le comunicazioni. Tutto va oggi rovesciato: a un predominio della tecnica, alla tecnocrazia che si è impossessata anche del giornalismo, si deve rispondere con un ritorno alle capacità dell’uomo. Gli uffici stampa non devono cercare di farsi pubblicare, devono trovare persone che comprendano di cosa si sta parlando e facciano storie che non risentano dell’idea che si deve comunicare per fare propaganda. I media non devono cercare opinionisti, ma persone che sappiano dare un altro punto di vista e sappiano fare un passo indietro anche nei confronti delle loro fonti, perché sempre le fonti vogliono che il loro punto di vista si senta forte e sempre c’è il rischio di fare qualcosa di sbilanciato.

Di sbilanciato, alla fine, ci può essere solo l’entusiasmo della professione, da vivere oggi con spirito di documentarista e ricercatore e velocità di comprensione incredibile. Ma è l’unica licenza poetica.

Il motto del giornalista, oggi, potrebbe essere quel Festina Lente (affrettati lentamente) che fece le fortune della tipografia Manuzio. E l’esempio di San Francesco di Sales deve sempre ricordare che no, l’audience non è un necessario punto di partenza. È un punto di arrivo.

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