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domenica 31 ottobre 2021

Il prossimo Concistoro di Papa Francesco sarà decisivo per il Conclave che verrà?

Il 29 ottobre, ho scritto per la KAI (agenzia della Conferenza Episcopale Polacca) una lunga analisi su come potrebbe essere un eventuale nuovo Concistoro di Papa Francesco. Di seguito la versione italiana. Qui la pubblicazione originale in polacco.

Il prossimo 7 novembre, il Cardinale Angelo Scola, arcivescovo emerito di Milano, compirà 80 anni e uscirà dal novero dei Cardinali elettori in un Conclave. I cardinali elettori saranno così 120. Ma diventeranno 110 nel corso del prossimo anno, quando altri dieci cardinali compiranno 80 anni e perderanno così il diritto di votare il prossimo Papa. Sono numeri, questi, che hanno alimentato i rumors che Papa Francesco possa convocare un concistoro per la creazione di nuovi cardinali entro la fine dell’anno, o al più tardi a febbraio 2021. Se lo facesse, avrebbe praticamente blindato l’elezione del prossimo Papa.

Quando si parla di Conclave, si è nel campo delle supposizioni. Non si può sapere chi i cardinali voteranno come Papa, ed è plausibile che gli stessi cardinali siano in grado di cambiare idea. Isolati, senza possibilità di contatti con l’esterno, i porporati ponderano la scelta del prossimo pontefice sulla base di considerazioni più pragmatiche che geopolitiche. Ma i numeri, comunque, sono in grado di raccontare qualcosa. Permettono, se non altro, di capire quale è l’indirizzo che Papa Francesco vuole dare alla Chiesa, e quali segnali vuole dare agli episcopati.

Al momento, i cardinali elettori sono 121: 13 creati da Giovanni Paolo II, 38 creati da Benedetto XVI e 70 creati da Papa Francesco. Come detto, il cardinale Scola compirà 80 anni, ed uscirà dalla lista dei cardinali elettori. Ma la stessa sorte toccherà a dieci cardinali: il Cardinale Ricardo Ezzati Andrello, il Cardinale Gualtiero Bassetti, il Cardinale Ricardo Blazquez Perez, il Cardinale Norberto Rivera Carrera, il Cardinale Gregorio Rosa Chavez, il Cardinale Ruben Salazar Gomez, Il Cardinale Giuseppe Bertello, il Cardinale Gianfranco Ravasi, il Cardinale André Vingt-Trois, il Cardinale Oscar Andrés Rodriguez Maradiaga.

Di questi cardinali, solo quattro sono stati creati da Papa Francesco. Se Papa Francesco decidesse di creare 10 cardinali elettori, per ritornare al limite massimo di 120 elettori stabilito da Paolo VI e confermato da Giovanni Paolo II, ci sarebbero in un eventuale conclave 76 cardinali creati da Papa Francesco. Vale a dire, solamente quattro in meno degli 80 cardinali che rappresentano i due terzi dei votanti e che permetterebbero l’elezione di un pontefice già dai primissimi scrutini.

Non è dato sapere come questi cardinali voteranno in Conclave, e forse non saranno davvero compatti. In fondo, nonostante un concistoro l’anno, Papa Francesco ha convocato una sola volta, nel 2014, un concistoro generale in cui i porporati potessero incontrarsi e conoscersi. Difficile, per molti, comprendere chi siederà vicino a loro in Cappella Sistina. Molto, insomma, si giocherà alle Congregazioni Generali, gli incontri pre-conclave.  Con un nuovo concistoro, però, Papa Francesco potrebbe mettere una seria ipoteca sul successore.

D’altronde, Papa Francesco ha portato avanti una opera di rinnovamento del Collegio Cardinalizio quasi sistematica. Da quando è Papa, ha tenuto un concistoro l’anno. Per fare un paragone, Giovanni Paolo II, che pure mutò profondamente il collegio cardinalizio, ha creato cardinali in 9 concistori “spalmati” su 27 anni di pontificato.

Quali saranno gli eventuali criteri per le nuove berrette rosse di Papa Francesco? A guardare i precedenti concistori, si possono distinguere tre criteri fondamentali: l’imprevedibilità; la volontà di espandere la rappresentanza della Chiesa fino alle più remote e meno cristiane regioni geografiche; l’idea di avere sempre, tra le nuove berrette rosse, almeno una che rappresenti un collegamento con il passato, tanto che si è arrivato a parlare di remediation cardinals.

Per quanto riguarda l’imprevedibilità, c’è poco da dire. Papa Francesco potrebbe scegliere chiunque come cardinale. In generale, Papa Francesco ha guardato spesso ad arcidiocesi non tradizionalmente cardinalizie, cercando di smontare degli automatismi che si erano generati con il tempo. Per esempio, diventare arcivescovo di Milano, la diocesi più grande del mondo, dava praticamente un accesso sicuro alla porpora. Con Papa Francesco, non è necessariamente così.

Questo perché il Papa non vuole si creino delle ambizioni di carriera, puntando a raggiungere determinate arcidiocesi. C’è anche da dire che la tradizione delle arcidiocesi cardinalizie non ha un senso di potere, ma di servizio. Essendo il collegio cardinalizio il “Senato” del Papa, si è sempre pensato di includere nei processi decisionali le arcidiocesi più importanti, quelle che fanno da punto di riferimento per le altre e che hanno un prestigio internazionale. Papa Francesco invece utilizza un criterio diverso: non porta le persone che ritiene migliori nei posti più prestigiosi e difficili, ma semplicemente dà a queste persone un titolo là dove sono.

Come sarà la composizione del collegio cardinalizio al prossimo concistoro?

Ci sono, ovviamente, delle decisioni che appaiono scontate. Per esempio, la possibile berretta rossa all’arcivescovo Lazzaro You Heung-sik, prefetto della Congregazione per il Clero, e all’arcivescovo Arthur Roche, prefetto della Congregazione per il Culto Divino. Come appare scontata la porpora per l’arcivescovo Vergez Alzaga, da poco nominato presidente del Governatorato dello Stato di Città del Vaticano. Poi ci sono decisioni meno scontate. La pattuglia dei cardinali italiani è consistentemente diminuita di numero sotto Papa Francesco. Sono senza berretta rossa sedi tradizionalmente cardinalizie, come Napoli, Palermo, Venezia, Milano. L’emerito di nessuna di queste quattro arcidiocesi è un cardinale elettore. Sembra, però, che Papa Francesco possa volgere il suo sguardo sul francescano Marco Tasca, arcivescovo di Genova, nonostante il suo predecessore, il Cardinale Angelo Bagnasco sia ancora tra i cardinali elettori.

Poi, Papa Francesco potrebbe premiare l’arcivescovo Gintaras Grusas, di Vilnius (Lituania), che è stato eletto presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee.

Ma tra le sorprese potrebbe esserci anche un altro italiano: monsignor Angelo Sequeri, per un quinquennio presidente del Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II. Monsignor Sequeri ha 77 anni, e sarebbe dunque un cardinale elettore. Con la berretta rossa, Papa Francesco vorrebbe in qualche modo benedire il nuovo corso dell’istituto intitolato al Papa polacco, profondamente riformato negli ultimi anni?

È una delle ipotesi. Accanto alla quale si fa largo l’ipotesi di una porpora cardinalizia assegnata all’arcivescovo Piero Marini, storico Maestro delle Cerimonie Pontificie di San Giovanni Paolo II e fino a quest’anno presidente del Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali.

Sarebbero anche questi cardinalati da considerare nella categoria dei remediation cardinals? È possibile, perché entrambe le berrette rosse andrebbero a dare un segnale non solo al nuovo corso teologico, ma soprattutto a quello liturgico. Papa Francesco, tra l’altro, con la Traditionis Custodes ha voluto porre una cesura netta sul tema liturgico, e il premio a un cerimoniere conosciuto (e a volte contestato) per la sua interpretazione molto aperta del Concilio Vaticano II potrebbe dire più di mille parole la direzione che Papa Francesco vuole dare alla Chiesa.

Con i suoi cardinali, Papa Francesco ha anche reso chiaro di non voler seguire le vie tradizionali. Così, la Francia – se si eccettua il Cardinale Dominique Mamberti, prefetto della Segnatura Apostolica – non è mai stata beneficiata da una berretta rossa dal Papa. Le tradizionali sedi cardinalizie francesi (Bordeaux, Marsiglia, Parigi e Lione) sono tutte guidate da arcivescovi non porporati. Considerando che il Cardinale Vingt-Trois uscirà dagli elettori nel corso dell’anno, Papa Francesco potrebbe forse procedere ad una creazione cardinalizia in Francia.

La Spagna ha invece quattro cardinali (gli arcivescovi di Madrid, Valencia, Barcellona, Valladolid), anche se non è cardinale l’arcivescovo di Toledo Francisco Cherro Chaves, primate di Spagna. La Spagna, però, non sembra essere candidata ad avere nuove porpore.

Guardando all’Europa, colpisce l’assenza di arcidiocesi come Cracovia e Armagh dalla “geografia cardinalizia”.

Nemmeno Canada e Stati Uniti dovrebbero ottenere nuove porpore. Gli Stati Uniti hanno già cinque cardinali elettori, il Canada due arcivescovi residenziali (il Cardinale Collins a Toronto, il Cardinale Lacroix a Quebec) e anche due curiali (il Cardinale Czerny e il Cardinale Ouellet).

In America Latina, la recente udienza concessa dal Papa all’arcivescovo di Lima Carlos Mattasoglio ha fatto pensare ad una berretta rossa in vista per lui, così come dovrebbe arrivare la porpora anche per l’arcivescovo Wamor Oliveira de Azevedo, che guida l’arcidiocesi di Belo Horizonte ed è presidente della Conferenza Episcopale Brasiliana.

Al momento, l’Africa risulta sottorappresentata, dato che nel 2021 tre cardinali africani hanno compiuto 80 anni. Papa Francesco potrebbe guardare al Sud Sudan, luogo che vorrebbe visitare, e premiare l’arcivescovo Stephen Ameyu Mulla del Sud Sudan. Ma potrebbe anche creare cardinale l’arcivescovo Benjamin Ndiaye di Dakar e l’arcivescovo Mandla Jwara di Durban.

L’Australia non ha al momento un cardinale elettore, e i due nomi scontati potrebbero essere quello dell’arcivescovo Anthony Fisher di Sydney o di quello di Melbourne Peter Comensoli. Ma non si deve sottovalutare la possibilità di una berretta rossa per l’arcivescovo Mark Coleridge di Brisbane, presidente della Conferenza Episcopale Australiana e (sembra) molto stimato da Papa Francesco durante il Sinodo per la Famiglia del 2015.

Ma l’Oceania (e qui siamo di nuovo nel campo delle sorprese) potrebbe essere anche premiata con un porporato della Papua Nuova Guinea, altro Paese dove il Papa programma di andare l’anno prossimo.

L’Asia invece conta oggi 15 cardinali elettori, e non dovrebbe essere interessata da sostanziali novità.

Guardando al Collegio cardinalizio, la composizione degli elettori conta 52 cardinali dall’Europa, 16 dall’America del Nord, 7 dall’America Centrale, 13 dall’America del Sud, 15 dall’Africa, 15 dall’Asia e 3 dall’Oceania.

Sotto Papa Francesco, sono meno i cardinali europei (erano 62 nel 2013) e sono raddoppiati quelli provenienti dall’America Centrale (erano 3 nel 2013) e cresciuti di qualche unità quelli di Africa, Asia, Oceania.  

Ma questa disamina geografica potrebbe saltare se Papa Francesco decidesse di espandere il numero di cardinali elettori. Con il Concistoro del 28 novembre 2020, superò la soglia di 120, arrivando a 128 cardinali elettori. Se l’idea di fondo è quella di allargare la base elettorale, Papa Francesco potrebbe de facto nominare più cardinali elettori.

Nelle sue scelte, si è fatto sempre guidare da criteri di fiducia, ma ha anche dato segnali precisi di governo. Per esempio, dall’inizio del pontificato, è cardinale il Segretario Generale del Sinodo (prima Baldisseri, adesso Grech), un segno di quanto il Papa consideri importante l’istituzione del Sinodo. Mentre la berretta rossa data al sottosegretario per i Migranti e Rifugiati Michael Czerny è una chiara indicazione d quanto il tema delle migrazioni sia importante per il Papa.

 

E sarà da vedere a chi della Curia il Papa darà la berretta rossa. Arrivasse prima della riforma della Curia (la cui finalizzazione è attesa per metà dicembre), la dignità cardinalizia mostrerebbe concretamente la strada che vuole percorrere Papa Francesco nello scegliere e destinare i suoi collaboratori.

Nessun segnale, in fondo, va sottovalutato, quando a scegliere è Papa Francesco.

 

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